L’intervista. Acca Larenzia, Telese: “L’unica vittimizzazione che fa Mira è la sua. Ha puntato sul marketing dell’odio”

17 Apr 2024 8:05 - di Annamaria Gravino
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Ci sono diverse “falsificazioni” nel modo in cui Valentina Mira ha deciso di presentare il suo libro. E tutte concorrono a costruire quel “marketing dell’odio” su cui si basa la campagna per il lancio e, dunque, per le vendite del romanzo. Luca Telese Dalla stessa parte mi troverai lo ha letto per “dovere”. “Leggo tutti i libri sugli Anni di piombo”, spiega al Secolo il giornalista, che con il suo Cuori neri consegnò per primo al grande pubblico le storie dei ragazzi di destra uccisi negli anni Settanta. E fu forse proprio lui il primo a raccontare la storia di Mario Scrocca ora al centro del libro di Mira. Dunque, qui sta la prima falsificazione della scrittrice candidata al Premio Strega: “Inventarsi che la storia di Scrocca sia stata rimossa dalla memoria di Acca Larenzia. Probabilmente lei era alle elementari quando quella storia veniva ricostruita in Cuori Neri“, ricorda ora Telese, per il quale “l’unica vittimizzazione che fa Mira è la sua”.

Ha seguito le polemiche intorno al romanzo?

Con molto interesse. Credo di essere stato tra i primi a comprare il libro, per dovere. Bisogna distinguere tra il contenuto, la storia di Mario Scrocca, e la campagna di lancio che Mira ha fatto del libro. La prima è l’espansione di un documentario che si chiama Il ragazzo che lottava per i marciapiedi, sulla morte di Mario e il dolore della moglie, che è una signora che si è vista portare via il marito e padre del figlio e pochi giorni dopo ha scoperto che era morto in carcere. Poi c’è la campagna di lancio, che è quello che non funziona, perché prende questa memoria e la usa, trasformandola in una battaglia di contrapposizione con le altre vittime di Acca Larenzia, inventando anche una loro glorificazione che non esiste, come non esiste la contrapposizione con Mario Scrocca.

Nel capitolo di Cuori Neri su Acca Larenzia lei inserisce Mario Scrocca direttamente nel titolo: “Franco, Francesco e Stefano (più Mario)”. Fu criticato da destra per quella scelta?

Al contrario, Maurizio Lupini e Giuseppe D’Audino, superstiti di Acca Larenzia, solidarizzavano con quella storia. Lupini mi disse: “Grazie, Mario Scrocca poteva essere uno di noi. Ci hanno messo gli uni contro gli altri”. Sentivano come un surplus di ingiustizia che un ragazzo che non c’entrava nulla fosse morto in circostanze così sospette, mentre i colpevoli non sono mai stati arrestati. Nella loro mente c’era anche la storia di Nanni De Angelis. Parliamo di due persone molto perbene, capaci malgrado quello che hanno subito di superare completamente la dimensione dell’odio.

Mira invece ha rivendicato il diritto all’odio, facendo anche una distinzione tra odio cattivo, quello dei “fascisti”, e odio buono, quello degli antifascisti…

Sì, dice che l’odio antifascista è legittimo perché è mosso da amore. Un passo indietro di mezzo secolo. Mi domando se c’è anche l’omicidio legittimo perché mosso da amore.

Secondo lei, qual è lo scopo di questa operazione?

Secondo me, è solo la promozione del libro. Magari lei il romanzo l’ha pure scritto in buona fede, per raccontare la sofferenza della moglie di Scrocca, Rossella, che dopo 50 anni non può ancora avere la verità. Poi ci ha messo questi ingredienti furbi per la campagna di lancio, per promuoverlo. È una campagna di marketing potente, che fa leva sul far pensare che sia un libro di militanza antifascista nel tempo in cui la “fascista” Meloni è al governo come erede – è l’idea che vuole far passare – di quelle vittime che quindi assurgono a vittime di serie A. Si rivolge al sentimento di appartenenza di un pubblico al quale piace sentirsi dire che i propri morti sono stati trattati da serie B. Questo mi dispiace molto, il mio mantra è sempre stato che le vittime sono tutte uguali. Anche le madri dei ragazzi di destra non hanno avuto giustizia.

Ha parlato di diverse falsificazioni messe in piedi per questa campagna di marketing. Quali sono?

La prima è che la storia di Mario Scrocca non fosse mai stata raccontata. La seconda falsificazione è che a destra hanno pensato sempre e solo ai loro morti e che non gli fregava nulla di quest’altra ingiustizia. Poi ci sono i “dettagli”, come il fatto che in forma narrativa racconta di una manifestazione per Acca Larenzia in cui ha visto Meloni, quando chi si occupa di queste cose sa che da 20 anni Azione giovani ricorda Acca Larenzia al Parco della Rimembranza e non lì. Si tratta di un “dettaglio” non da poco, perché serve a dire che quelle vittime sono il mito fondante della destra di governo, che è filofascista perché ha quel legame originario con quei morti. Si tratta di un meccanismo al quale io ho da fare tre obiezioni.

Quali?

La prima è che semmai la colpa di non aver ricordato Mario Scrocca è della sinistra, la seconda è che creare una contrapposizione tra i morti che non esiste è molto brutto, la terza che i morti di Acca Larenzia sono stati morti di serie B per lunghissimo tempo, dimenticati, irrisi, colpevolizzati. La verità è che i morti di quegli anni sono stati tutti morti di serie B e il messaggio più brutto è piegare gli anni Settanta, la loro complessità, per usarli nel presente. Questo non si dovrebbe fare. La storia degli anni Settanta è complessa, la stessa famiglia di Stefano Recchioni restituisce questa complessità: il fratello era di Lotta continua, la madre una scultrice della sinistra extraparlamentare, ma volle donare il bassorilievo di Stefano alla sezione di Colle Oppio, come tributo a quei ragazzi che ricordavano il figlio. Non c’è una contrapposizione tra bene e male, non ci sono buoni e cattivi. C’è, invece, molta ignoranza e così escono fuori le cose più folli.

 

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