Divieto di fumo all’aperto a Torino, la norma getta nel panico ristoratori e baristi: ora come ci regoliamo?
Mentre il parlamento britannico vota a favore del piano di governo che punta a istituzionalizzare una generazione “smoke-free“, con un disegno di legge annunciato dal primo ministro conservatore Rishi Sunak lo scorso anno, e che renderà illegale la vendita di sigarette e quant’altro affine a chiunque sia nato dopo il 1° gennaio 2009, a Torino si comincia a prendere le misure col divieto di fumo all’aperto ad una distanza inferiore di 5 metri da altre persone. Ma la pratica della delibera torinese è tutt’altro che risolta.
Divieto di fumo all’aperto a Torino: l’associazione dei pubblici esercizi indica le criticità che comporta
Torniamo a Torino, allora, dove in una nota Vincenzo Nasi, presidente dell’associazione torinese dei pubblici esercizi Epat Ascom, evidenzia le problematiche inerenti il nuovo divieto di fumo all’aperto e le sue applicazioni pratiche. Osservazioni con cui, partendo dal presupposto che premette: «Siamo sicuramente favorevoli ad una sempre maggior tutela della salute delle persone», si eccepisce anche che «quanto apprendiamo dai giornali sull’imminente divieto di fumo all’aperto sta generando molte domande e dubbi tra gli operatori».
I dubbi e le domande degli operatori
In particolare, relativamente alla menzione della libera che indica il divieto di fumo in ogni luogo all’aperto ad una distanza inferiore di 5 metri da altre persone, senza il loro consenso esplicito, la nota Epat Ascom osserva che «questo significa includere anche i dehors dei ristoranti e dei locali. Una norma che lascia interdette le categorie commerciali interessate, dal momento che non esplicita come avverrà l’applicazione nei luoghi di ristoro all’aperto. E quali sono i doveri e le responsabilità degli operatori».
Chi controlla il rispetto della nuova norma tra i clienti al tavolo di un dehor?
E aggiunge: «Se alla fermata del bus nessuno controllerà se il divieto venga rispettato, tra i tavoli di un dehors chi dovrà controllare sarà naturalmente l’esercente, andando ad aggiungere un ulteriore onere e una nuova difficoltà a quelle già esistenti. La pratica dell’obbligo di consenso tra i clienti, inoltre, rischia di generare tensioni e conflitti tra i clienti da dirimere, che si aggiungono alle molteplici sfide già presenti nella gestione giornaliera – prosegue Nasi –. Un confronto preventivo con gli operatori avrebbe fatto affiorare fin da subito le difficoltà di questa norma».
Divieto di fumo all’aperto, ristoratori e gestori di locali in ambasce
Sottolineando contestualmente che «le categorie dei ristoratori e di gestori di locali sono assolutamente disponibili a dare il proprio contributo per definire meglio le forme di applicazione e di controllo della norma per gli aspetti che li riguardano, auspicando che la Città voglia riconsiderare il testo e la disposizione con l’obiettivo di arrivare ad una norma chiara. Effettivamente realizzabile. E non foriera di dubbi ed oneri che in impossibilità di pubblici controlli, scarichi le responsabilità solo sugli operatori che utilizzano spazi all’aperto per la loro attività».