Aborto, 194, “Meloni nemica delle donne”: è il solito noioso strillonaggio. E c’è chi ne fa una questione di “igiene”

19 Apr 2024 16:57 - di Annalisa Terranova

Questa storia della legge 194 che la destra vorrebbe cambiare sta facendo riemergere rigurgiti gruppettari e parafemministi della peggior specie. Con punte di comicità inarrivabili. Intanto tutti sanno che se qualcuno vuole cambiare quella legge, che risale al 1978, sono i movimenti femministi che la vorrebbero meno restrittiva. Inserendoci magari un “diritto” all’aborto che nella legge non è menzionato né previsto, visto che parla di “tutela sociale della maternità”. L’emendamento della discordia che apre le porte alle associazioni pro-life – è la replica della destra – in realtà segue alla lettera l’articolo 2 della legge 194 ed è dunque legittimo e non cambia nulla dell’impianto normativo.

A quel punto a sinistra si dirotta il discorso sui consultori (sono pochi) e sui medici obiettori (sette su dieci). Colpa di Meloni anche questo? Nella versione declinata giornalmente del “piove governo ladro” e grazie alla quale ogni problema viene addossato alla Meloni pare proprio di sì. Così parlò la sinistra (ma il taglio di 37 miliardi alla sanità dal 2010 al 2019 chi lo ha deciso? Sempre Meloni che è arrivata nel 2022? Chi lo sa…). Poi ci si mette anche la Lega col dissenso in aula sull’ emendamento che limiterebbe il diritto di abortire (Laura Ravetto dixit). Eppure, quando era la presidente dell’Umbria Tesei (che negava l’aborto farmacologico in day hospital) a subire l’arrembaggio delle femministe vestite come le ancelle del romanzo di Margaret Atwood tutti questi scrupoli di coscienza nella Lega non li abbiamo visti e ascoltati. Forse all’epoca erano tutti ammaliati dal rosario che Matteo Salvini sventolava nei comizi.

Ma andiamo avanti: c’è stato anche l’intervento strappalacrime della deputata M5S Gilda Sportiello. Con finale a effetto: “Ho abortito e non mi vergogno, la parola aborto fa tremare le gambe, il governo nemico delle donne” e tutto l’armamentario retorico del caso. Ma il vittimismo non era appannaggio della destra? L’improvvisa notorietà di Sportiello le avrebbe attirato insulti di hater e affini. Eppure, un veloce giro sui social restituisce solo applausi e complimenti per la deputata grillina. Che allattò anche il suo neonato in aula (che abbia una qualche, larvatissima tendenza a mettersi sotto i riflettori?).

Infine l’ultima sceneggiata: solo maschi a Porta a Porta a parlare di aborto. Scandalo. Sicuramente c’è di mezzo lo zampino di Meloni. Immaginiamo la premier che chiama Vespa e intima: mi raccomando, per parlare di aborto solo maschi… La redazione del programma si affanna a spiegare che erano state invitate tre parlamentari dem e una direttrice di un quotidiano ma nessuna ha accettato l’invito. L’indignazione monta. Arriva Nicola Fratoianni (un uomo) e la mette giù con la consueta leggerezza: “Sette uomini che parlano di aborto. A Porta a Porta, con Bruno Vespa su Rai Uno. Poi dicono che la cultura patriarcale non esiste in Italia. Lo dico ai miei colleghi uomini: dovremmo iniziare a rifiutarci di parlare in luoghi in cui non ci sono donne, soprattutto quando si parla del corpo e delle scelte delle donne. Sarebbe una intelligente scelta di igiene”.

Un momento: come una scelta di igiene? Se i maschi parlano di aborto la faccenda è dannosa per la salute psichica e mentale? Oppure i sette invitati da Vespa sono scarsamente puliti? Non si capisce bene il senso, però l’importante è che vi sia in mezzo una bella denuncia sul solito patriarcato. La legge 194 intanto se ne sta lì, immutata, al centro di fumose propagande. Perché il punto è sempre la questione posta dal filosofo Habermas: come si fa a far convivere insieme una pluralità di diritti? Forse evitando lo strillonaggio. Ma vaglielo a spiegare alle sinistre chiassose…

 

 

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