L’Ugl in tour con “Lavoro è Partecipazione”: coinvolgere i lavoratori nella gestione delle imprese
Di partecipazione, in rapporto all’inapplicato articolo 46 della Costituzione, si è fatto un gran parlare negli ultimi mesi: proposte di legge, presentate in Parlamento da parte di vari schieramenti politici; una raccolta firme, lanciata dalla Cisl, per una legge d’iniziativa popolare; dibattiti e tavole rotonde. La scorsa settimana è partito dalla sede nazionale dell’Ugl, in via Nomentana 26 a Roma, il tour per l’Italia, promosso dal sindacato, a bordo di un autobus con lo slogan “Lavoro è PartecipAzione”: venti tappe per promuovere in ogni regione proprio il coinvolgimento dei lavoratori alla gestione delle imprese.
In un Paese come il nostro dalla memoria corta, crediamo che valga la pena rimarcare, sull’onda del tour in corso, la storica presenza del sindacalismo nazionale, prima con la Cisnal, oggi con l’Ugl, il quale trova di stagione in stagione uno dei suoi fattori caratterizzanti nella battaglia per l’applicazione dell’articolo 46 della Costituzione italiana. Questo impegno emerge fin dai primi atti della Cisnal, in ragione del mito corridoniano del Lavoro che incontra la Patria, risalente all’interventismo, e dunque del superamento del classismo.
Nella sua relazione introduttiva, al convegno “Obiettivi finalistici del sindacalismo nazionale” – fissati nel convegno di studi, tenutosi a Roma dal 20 al 22 ottobre 1951 – Giuseppe Landi, primo segretario nazionale della Cisnal, coniuga il tema della gestione aziendale nell’ambito della partecipazione del lavoro al governo generale dell’economia, sottolineando come “ogni modifica della struttura tradizionale dell’azienda capitalistica che ha già avuto notevoli trasformazioni nella stessa evoluzione della società anonima, dovrà essere subordinata alla partecipazione del lavoro al governo generale della produzione essendo questa una reale conquista non solo economica ma anche politica, in quanto trasforma radicalmente la struttura della produzione come quella dello stato”.
Nella classe dirigente della prima Cisnal c’è la consapevolezza del portato rivoluzionario dell’idea partecipativa, declinata sia in ragione dello Stato Nazionale del Lavoro che del ruolo fondamentale delle imprese e della conseguente partecipazione dei lavoratori alla loro gestione, anche alla luce dei nuovi indirizzi costituzionali. Il 25 luglio 1955 Gianni Roberti, presidente della Cisnal, deputato missino e docente di Diritto del lavoro, è il primo firmatario di una proposta di legge intitolata “Socializzazione delle imprese statali ed a partecipazione statale”. La proposta di legge si articola su tre titoli: la socializzazione delle imprese (cioè la partecipazione del lavoro alla gestione delle imprese stesse e le modalità di formazione degli organi direttivi), la determinazione e ripartizione degli utili delle imprese socializzate, le disposizioni finali e transitorie (che riguardano la delega al governo per l’emanazione delle norme integrative e di attuazione).
È la prima di una lunga serie di proposte di legge che accompagneranno, di legislatura in legislatura, l’impegno politico-sindacale di Roberti, in piena continuità con gli orientamenti programmatici della Cisnal. Tra anni Cinquanta e Sessanta, l’impegno partecipativo del sindacalismo nazionale, soprattutto a partire dall’inapplicato articolo 46 della Costituzione, ha rappresentato non tanto una “testimonianza”, quanto una vera e propria sfida culturale e sociale, in grado di andare, sulla base di una coerente dottrina sindacale, ben al di là delle contingenze e delle chiusure delle altre confederazioni sindacali, del mondo imprenditoriale e della quasi totalità dei partiti politici.
A rimarcare questo impegno, nel 1966 viene pubblicato La Cisnal per la partecipazione responsabile dei lavoratori al processo produttivo dell’impresa. Si tratta di una corposa rassegna, relativa alle iniziative prese in materia dal sindacalismo nazionale, rappresentata dagli orientamenti congressuali, dall’azione parlamentare e da quella politica. Significativa è la parte dedicata alle proposte partecipative presentate in ambito regionale, in Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna, Regioni a Statuto speciale, segno di un impegno sul territorio da parte della Confederazione e di quanti, a livello politico, si riconoscevano nei suoi orientamenti.
Nel 1975, in occasione del venticinquesimo anniversario della fondazione della Cisnal, è ancora Roberti a rivendicare l’originalità dottrinaria della Confederazione, “ispirandosi ai principi del sindacalismo corridoniano e alla nuova geniale concezione della partecipazione aziendale”, in alternativa al monopolio sindacale delle altre sigle e in contrasto con il processo unitario, riconoscendone i pericoli insiti nella sua caratterizzazione comunista. Significativa la conclusione: “Ora che il mito unitario marxista comincia a manifestare anche in Italia le sue debolezze e le sue contraddizioni, possiamo constatare come i due pilastri ideologici, che hanno sempre guidato l’azione della Cisnal, restano ancora le due più valide ispirazioni dei lavoratori italiani: la libertà sindacale e la partecipazione aziendale”.
Di questo “testimone” si faranno carico tutti i segretari generali via via succedutisi alla guida della Cisnal e poi dell’Ugl, impegnati – come dichiarerà Ivo Laghi nella sua relazione introduttiva al VII Congresso Nazionale del sindacato (10-13 aprile 1980) – a “trasformare la società e lo Stato, mediante la partecipazione dei lavoratori al governo generale dell’economia e la cogestione”. La nascita dell’Ugl (Unione Generale del Lavoro), maturata nella primavera del 1995 e formalizzata nel giugno dell’anno seguente, è in linea con gli impegni partecipativi della nuova Confederazione.
Mauro Nobilia, eletto segretario generale, nella sua relazione iniziale riconferma gli assunti della “cultura partecipativa”, intesa come coinvolgimento del cittadino-lavoratore in forma diretta e attraverso le istituzioni che lo rappresentano: “Una partecipazione – afferma Nobilia – intesa come strumento di democrazia sociale e anche economica che non può essere unicamente tradotta in quella opzionale a livello d’impresa dove inseguire ripartizioni di utili o partecipazione al capitale, a volte effimere, senza alcun coinvolgimento responsabile nel processo produttivo o nella gestione”.
In continuità con questi orientamenti, via via aggiornati alla luce della mutata realtà socio-economica, si arriva a Paolo Capone, eletto segretario generale dell’Ugl il 28 ottobre 2014, il quale nel declinare le “nuove frontiere” della partecipazione individua più livelli di contrattazione, in grado di rispondere a diverse domande di carattere sociale e politico: il primo livello rappresenta la “cornice”, “che riconosce ai lavoratori diritti non negoziabili, le dichiarazioni di principio e la base retributiva”; “al secondo livello la organizzazione del lavoro e la definizione della produttività rappresenta il passaggio necessario per arrivare, superando l’ideologia della lotta di classe, a un sano confronto tra capitale e lavoro”; un ulteriore livello viene individuato nel cosiddetto “contratto di comunità”, che – nota Capone – “potrebbe coinvolgere, in un assetto tripartito la proprietà, i lavoratori e l’ente locale sul quale lo stabilimento di produzione insiste”.
Rispetto alle prime linee dottrinarie, tracciate nel 1950, il sindacalismo nazionale del terzo millennio conferma una dinamicità non banale, che nasce dalla realtà produttiva, dalle esigenze concrete dei lavoratori, dai mutati scenari nazionali ed internazionali, ma non per questo perde di vista le sue ascendenze etiche, umanistiche, sociali. Su questa linea il tour dell’Ugl “Lavoro è PartecipAzione”, impegnato ad affermare oggi le nuove frontiere della partecipazione, si fa carico di una grande storia e di una rinnovata aspettativa di cambiamento. In fondo – anche qui – il futuro ha un cuore antico.