Regeni vittima di “tortura pubblica”. Il pm: contro gli 007 egiziani 10 elementi decisivi

18 Mar 2024 19:31 - di Redazione
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Contro Giulio Regeni sono stati compiuti “atti di brutale e gratuita violenza fisica e di inflizione di sofferenze corporali personali che non possono che avere prodotto, per la loro imponenza, gravissimo dolore e tormento in senso stretto, in un crescendo che ha originato l’evento morte, anche a voler trascurare il dato del patimento psicologico’’. È quanto si legge nell’ordinanza pronunciata oggi in tribunale a Roma dalla Corte d’Assise nell’ambito nel processo per la morte del ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016, in cui sono imputati quattro 007 egiziani: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato. Nei confronti di quest’ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato. Con l’ordinanza i giudici hanno respinto le eccezioni avanzate dai difensori dei quattro egiziani. Nel procedimento si sono costituite parti civili la i genitori di Giulio Regeni, Claudio e Paola, presenti all’udienza, e la presidenza del Consiglio dei ministri.

L’ordinanza della Corte d’Assise: “Contro Regeni atti di brutale e gratuita violenza”

“Le condotte contestate a Ibrahim Magdi di inflizione al corpo di Giulio Regeni di gravi lesioni personali di natura fisica all’origine dell’indebolimento e della perdita permanente di più organi attraverso strumenti di tortura e mezzi contundenti di varia natura (calci e/o pugni, strumenti atti all’offesa quali bastoni e mazze) sino a cagionarne la morte, con la connessa contestazione circostanziale delle aggravanti delle sevizie e della crudeltà, quand’anche rubricate nell’unica fattispecie che al tempo lo consentiva in attuazione del principio di legalità possono agevolmente ricomprendersi nel concetto più puro e minimale di ‘tortura’, così come allora vivente nell’ordinamento e semplicemente esplicitato in via postuma dall’art. 613 bis del codice penale”, ha affermato in aula la presidente Paola Roja.

Le “finalità di tortura pubblica”

“Identica conclusione”, per i giudici, deve “assumersi anche per i restanti imputati, Sabir Tariq, Mohamed Ibrahim Athar Kamel, Helmi Uhsam, ai quali è contestato il delitto di sequestro di persona aggravato, pur senza il concorso nei reati direttamente lesivi dell’integrità fisica di Regeni”. “Le modalità esecutive prescelte per il sequestro, di per sé induttive di grave sofferenza psichica e di prostrazione morale – si legge ancora nell’ordinanza – aggiunte alla mortificazione corporale, non possono che essere ispirate a quelle finalità essenziali della tortura pubblica di tipo punitivo e/o intimidatorio”. Per i giudici della Corte di Assise di Roma, inoltre, sono infondate le eccezioni poste dalle difese in merito “alla mancata identificazione degli imputati ovvero alla sua assoluta incertezza”.

Il pm: “Gli imputati hanno costruito una ragnatela attorno al ricercatore”

È stato poi il procuratore aggiunto, Sergio Colaiocco, illustrando la lista dei testimoni da ascoltare, ha poi detto che “il quadro complessivo che è emerso è quello di una ragnatela che piano piano, tra il settembre del 2015 ed il 25 gennaio del 2016, si è stretta attorno a Giulio Regeni da parte degli imputati. Ragnatela creata sia attraverso l’acquisizione del passaporto a sua insaputa, perquisizioni in casa in sua assenza, pedinamenti, fotografie e video, sia attraverso le persone ‘amiche’ che Regeni frequentava le quali riferivano, in tempo reale, agli imputati dei loro incontri con l’italiano”. “A seguito di questa attività gli imputati si sono erroneamente conviti che Regeni fosse una spia inglese, mandata per fornire finanziamenti i sindacati vicini ai Fratelli musulmani”, ha aggiunto Colaiocco.

La lista dei testimoni depositata dalla Procura

Fra la lista dei testimoni depositata compaiono tra gli altri i nomi del presidente della Repubblica egiziana, Abdel Fattah al-Sisi, l’ex premier Matteo Renzi e l’ex ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, Marco Minniti, ex responsabile della autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, tre capi dei servizi segreti che si sono succeduti nel tempo e l’allora segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni.

I “10 elementi decisivi” a carico degli 007 egiziani

Colaiocco, che ha chiesto “un proficuo lavoro del ministero degli Esteri che dovrà suscitare la collaborazione delle autorità egiziane” e l’acquisizione degli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta, ha sottolineato inoltre che ci sono dieci elementi probatori “decisivi” a carico degli imputati, tra i quali i video di sorveglianza della fermata della metropolitana del Cairo dove Giulio venne rapito, in cui mancano proprio i dieci minuti in cui il ricercatore friulano fu prelevato; il computer portatile di Regeni, con all’interno una “miniera di dati” che hanno fornito elementi utili sul movente, così come i tabulati telefonici. Infine ci sono i tentativi di depistaggio da parte delle autorità egiziane, dal movente sessuale, alla rapina e quello “più grave”, il ritrovamento dei documenti del giovane in una abitazione collegata ad una banda di criminali poi uccisa dalle forze dell’ordine egiziane.

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