L’Istat lascia senza parole i gufi: mezzo milione di occupati in più nel 2023. Senza rdc il lavoro vola

13 Mar 2024 13:36 - di Federica Argento
Istat lavoro

Altri dati giungono a lasciare senza parole sinistra, gufi e tifosi anti-italiani. Il lavoro aumenta, la dispoccupazione cala. Lo certifica l’Istat. Nel 2023 è proseguita la crescita, già registrata nei due anni precedenti, del numero di occupati nel nostro Paese, con un aumento di 481mila unità, pari a un +2,1% in un anno. Scendendo nel dettaglio, l’Istituto nazionale di statistica rileva che il tasso di occupazione nella fascia 15-64 anni è salito al 61,5% (+1,3%) mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 7,7% (-0,4 punti percentuali). In termini assoluti, quindi, i disoccupati calano sotto quota 2 milioni, a 1 milione 947mila, facendo registrare un meno 81mila unità. I dati premiano la stabilità e le misure poste in essere dal governo Meloni pur in una fase congiunturale complicata.

Lavoro, IV trimestre 2023 record: i dati Istat

Il trend è confortante. Entrando nello specifico, nel quarto trimestre 2023 le cose sono andate particolarmente bene. L’input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, è aumentato dello 0,8% rispetto al trimestre precedente; e del 2,4% rispetto al quarto trimestre 2022. Nello stesso periodo il Pil ha registrato una crescita sia in termini congiunturali (+0,2%) sia in termini tendenziali (+0,6%). Nel quarto trimestre 2023, gli occupati aumentano in termini congiunturali di 144 mila unità (+0,6% rispetto al terzo trimestre 2023);  a seguito della crescita dei dipendenti a tempo indeterminato (+145 mila, +0,9%) e della sostanziale stabilità dei dipendenti a termine e degli indipendenti; in calo sia il numero di disoccupati (-36 mila, -1,8% in tre mesi) sia quello degli inattivi di 15-64 anni (-102 mila, -0,8%). I tassi presentano una dinamica simile: quello di occupazione sale al 61,9% (+0,4 punti), quello di disoccupazione scende al 7,4% (-0,2 punti); e il tasso di inattività 15-64 anni cala al 33,1% (-0,3 punti).

Lavoro, Istat: quasi mezzo milione in più di lavoratori nel 2023

L’occupazione, nel quarto trimestre 2023, cresce anche in termini tendenziali (+533 mila, +2,3% in un anno), coinvolgendo i dipendenti a tempo indeterminato (+3,3%) e gli indipendenti (+1,3%), ma non i dipendenti a termine che diminuiscono (-1,4%); prosegue il calo dei disoccupati (-65 mila in un anno, -3,2%) e quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-496 mila, -3,9%). Tale dinamica si riflette nella crescita del tasso di occupazione (+1,4 punti rispetto al quarto trimestre 2022) e nella diminuzione dei tassi di disoccupazione e di inattività (-0,4 e -1,2 punti, rispettivamente). L’aumento complessivo dei numeri dell’occupazione si deve soprattutto allo sprint del  quarto trimestre dell’anno scorso. Al di là del confronto anno su anno (+533mila persone, +2,3%) il dato cresce anche rispetto al trimestre precedente, di 144mila unità (+0,6%).

Il lavoro e le imprese

Dal lato delle imprese, in termini congiunturali le posizioni lavorative dipendenti crescono registrando un aumento pari allo 0,6%: incremento che caratterizza in egual misura la componente a tempo pieno e quella a tempo parziale. Anche in termini tendenziali si osserva una crescita significativa delle posizioni dipendenti, pari a 3% nel totale: lievemente superiore nella componente full time (+3,1%) rispetto ai part time (+2,6%). Le ore lavorate per dipendente aumentano in termini congiunturali (+0,6%) e, più intensamente, in termini tendenziali (+1,6%); aumenta il ricorso alla cassa integrazione (8,3 ore ogni mille ore lavorate). Il tasso dei posti vacanti cresce di 0,1 punti nel confronto congiunturale, restando invariato in quello tendenziale. Su base congiunturale, il costo del lavoro per Unità di lavoro equivalente a tempo pieno (Ula) aumenta dello 0,7%, quale risultato della crescita delle retribuzioni (+0,6%) e, in misura più sostenuta, degli oneri sociali (+1,2%); in termini tendenziali, l’aumento del costo del lavoro è più intenso, la crescita è del 3,4%, lievemente inferiore nella componente retributiva (+3,3%) rispetto agli oneri sociali (+3,6%), prosegue l’Istat.

 

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