L’intervista. Biondi: “L’Aquila e Abruzzo rinati col centrodestra. Prima eravamo trattati da mendicanti”
“Siamo molto concentrati sul dare risposte agli abruzzesi e agli aquilani, anche se potrebbe sembrare strano alla vigilia delle elezioni”. Pierluigi Biondi è il sindaco della rinascita dell’Aquila ed è uno che non si fa distrarre dai suoi obiettivi. Quello della ricostruzione l’ha perseguito con ostinazione coriacea, fino a farlo diventare traguardo insieme a interlocutori istituzionali che l’hanno supportato con decisione: Marco Marsilio in Regione e poi Giorgia Meloni al governo. Non è solo per dovere di scuderia, quindi, che Biondi oggi è in campo per la riconferma di Marsilio a governatore.
Sindaco, all’Aquila avete sentito gli “squilli di tromba” sardi?
La campagna elettorale richiede molte energie e non ci facciamo certo distrarre da un risultato che, sebbene abbia anche alcuni riflessi di carattere politico, è piuttosto circoscritto e risente molto di dinamiche tutte interne alla Sardegna. A partire dal voto disgiunto che, com’è ormai chiaro a tutti, è l’unico elemento al quale si deve il risultato.
Lei e la sua giunta con la ricostruzione avete compiuto un miracolo. Eppure, nel 2019, ancora a dieci anni dal sisma, dovette annunciare le dimissioni per ottenere i fondi necessari. Quanto ha contato l’arrivo di Marsilio in Regione nell’accelerazione degli ultimi cinque anni?
La vittoria del centrodestra in Regione e, poi, alle politiche del 2022 è stata determinante per voltare pagina. Basti pensare che già nella prima finanziaria del governo Meloni, quindi a poche settimane dall’insediamento, per la città dell’Aquila è stato previsto uno stanziamento pluriennale, come mai era accaduto prima.
Qualcuno potrebbe obiettare che è facile quando si è tutti dello stesso partito…
E io potrei rispondere che l’essere dello stesso partito non è di per sé garanzia di riuscita. Bisogna essere capaci di costruire una filiera politica pragmatica e virtuosa. Noi ci siamo riusciti e abbiamo ribaltato quel paradigma per cui per un decennio le comunità abruzzesi erano costrette a rivolgersi con il cappello in mano al potente di turno. Il punto è avere una classe dirigente capace e credibile che riesce a mettere in campo interlocuzioni istituzionali fruttuose. E non vale solo per la ricostruzione dell’Aquila, che ormai è all’ultimo miglio, ma anche per lo sviluppo dell’Abruzzo se si considera che la Regione ha ottenuto mezzo miliardo di euro in più rispetto alla precedente programmazione comunitaria.
Una settimana fa ha ricevuto la disponibilità del presidente Marsilio a sbloccare altri 4 milioni di euro per le aziende del capoluogo e del cratere. Anche questo tipo di interlocuzione non è scontata?
Non solo non è scontata, ma non è un’equazione ottenere i soldi e riuscire a spenderli. Gli ultimi cinque anni hanno dimostrato che il centrodestra ha sia la capacità di intercettare risorse sia di convertirle in interventi, cantieri e investimenti.
Conte ha detto che “è vergognoso finanziare la Roma-Pescara a pochi giorni dal voto”…
Come se queste cose si potessero fare dalla sera alla mattina. Vorrei ricordare che, quando Marco Marsilio si è insediato alla guida della Regione, l’Abruzzo era escluso dalle reti dei Corridoi Europei, che si fermavano ad Ancona e riprendevano a Bari. Avevamo l’obiettivo di migliorare la connettività con le altre regioni attraverso le reti europee Ten-T, di potenziare i collegamenti tra le aree interne e la costa, di promuovere una mobilità sicura e sostenibile, di rafforzare la sinergia tra i porti e gli interporti. La Commissione europea nel 2022, grazie alla nostra azione incessante, ha incluso finalmente nella rete Extended Core la dorsale adriatica da Ancona fino a Foggia, restituendo all’Abruzzo la sua vocazione di regione cerniera e luogo di intensi scambi commerciali e culturali tra il Nord ed il Sud, tra l’Ovest e l’Est.
Risultati ottenuti per L’Aquila di cui è particolarmente soddisfatto?
Ne abbiamo ottenuti tanti. Ne ricordo alcuni che valorizzano la vocazione culturale e sociale della nostra città: l’apertura della sede distaccata del Museo Maxxi per il quale inizialmente mancavano risorse; la stabilizzazione della Soprintendenza che nella riorganizzazione voluta dall’allora ministro Franceschini sarebbe scomparsa; l’insediamento del Nucleo di tutela del patrimonio culturale dei carabinieri; l’individuazione della sede decentrata Scuola nazionale della Pubblica amministrazione; della sede del Servizio civile universale e della Scuola nazionale di formazione dei vigili del fuoco.
L’Aquila è in corsa per diventare Capitale italiana della Cultura 2026. Lunedì presentate il progetto al ministero, ci può spiegare il titolo “L’Aquila Città Multiverso”?
Già per la candidatura del 2020 facemmo un lavoro complesso e replicabile. Il dossier di oggi è in continuità con quel concetto di città-territorio che adesso abbiamo voluto estendere alle comunità con cui condividiamo eventi traumatici e che sono entrate a pieno titolo nella politica di coesione regionale e nazionale. Quattro anni fa l’attenzione era rivolta alla ricucitura e alla tenuta sociale, oggi tiene conto dei passi avanti compiuti, considerando anche l’esperienza dei fondi Restart, i fondi della ricostruzione destinati alla ripresa socio-economica e dei quali ci serviamo per sostenere la candidatura. Un modello da imitare tanto che, con il Fondo complementare al Pnrr, con quella filosofia abbiamo destinato 1,8 miliardi alle aree dei due crateri sismici. Siamo partiti dalla sottoscrizione della Carta dell’Aquila, nel 2019, con cui insieme ad altri sindaci dell’Appennino chiedevamo maggior attenzione e norme mirate per il rilancio delle zone più periferiche del Paese. Anche su questo progetto rivendico una visione: abbiamo un’idea di territorio che si sa evolvere, realizzare, strutturare e farsi rete in una logica di interesse comune.
(Per la foto del sindaco si ringrazia il Comune dell’Aquila)