Festa del papà. “Pater, patria e amore…”
Il canto ancestrale di Angelo Mellone

19 Mar 2024 12:01 - di Angelo Mellone*

Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo questo brano dedicato alla figura del padre. A tutti i papà gli auguri del Secolo d’Italia

***

È sempre con dolore
che mi metto a parlare con te,
abiti una terra lontana senza nome,
parli un italiano bizzarro e pronuncio parole che non conosco,
adesso ti scrivo
perché volevo dirti che ho tre figli,
era giusto che lo sapessi anche da me,
che ne so se dove abiti
ti arrivano notizie da questo mondo,
volevo dunque dirti
che ho tre figli,
si chiamano Marianna Edda,
Jacopo Nicola ed Elena Celeste
e se tu fossi qua con noi
ti chiamerebbero nonno,
a me chiamano papà
così come io ti chiamavo papà
e mai padre perché
già all’epoca era arcaico,
eppure: padre… che parola meravigliosa
e solida per un maschio,
vigorosa,
piena di rischio,
quando lei viene da te,
si accoccola con gli occhi lucidi o ti abbraccia fissando il vuoto prima di dirti: arriva un bebé.
Sarai padre perché io sarò madre.
Lo sai il mistero della vita,
dove abiti adesso ogni casa è fatta di mattoni di quel mistero,
e se il bebé arriva perché si vuole donare amore
a chi è già nato
fa lo stesso,
il padre non è una questione di sangue
o perlomeno
non è solo questione di sangue,
è svegliarsi ogni mattina
pensando che non puoi farti solo i cazzi tuoi
quando una voce ti chiama dalla stanza accanto o sbuffa
o ti manda un messaggio
per chiedere aiuto
e dunque quando Marianna
che mo’ fa 18 anni
scrive da diecimila chilometri
al ‘Papà migliore del mondo’
non sono mitomane, so di non esserlo
eppure in quei cuori lanciati attaccati
a una freccia
mi auguro che un poco di verità ci sia, lei davvero lo sta pensando in quel momento, per un secondo sono davvero il papà migliore del molto
e credo che tu ancora ricordi cosa significa
papà fammi sognare,
papà regalami le ali,
papà sei fortissimo,
anche nelle telefonate con Jacopo
lunghe una quaresima
o le favole che mi sforzo di raccontare
a Elena addormentandomi
a metà con lei che mi dà un buffetto sussurrando: sveglia papà,
pure tu ti addormentavi nell’Argenta grigio metallizzato in giardino
a Castellaneta Marina
quando seguivamo il Taranto in trasferta
nella cronaca di PubliRadio
e le immagini – poche in verità –
di cui dispone la mia memoria capricciosa
sono sgranate a colori ipersaturi
incapaci di accogliere la luce
come le foto anni Ottanta
e io oggi ho un ginocchio sbucciato
come allora, padre,
un padre protegge ed è giusto,
accoglie senza chiedere troppo,
se è bravo davvero ti spiega dei padri dei padri e ancora prima di chi ha costruito le case e immaginato le piazze,
un padre difende il territorio, è normale,
resta nudo per coprirti sotto un temporale,
insegna il rispetto per gli amici e la cura verso chi ami, altro che stronzate,
se no un padre diventa inutile,
un soggetto fuori moda,
adesso che ai padri si usa
rinfacciare non so cosa
mi verrebbe da scendere per strada
a urlare
Padre! Padre! Padre!
e se serve scriverlo sui muri
con lo spray regalandolo al viavai
o addirittura scrivere Pater!
per una faccenda ancestrale
di patria e di amore
e sai che io ti avrei fatto
un monumento ogni giorno,
ho gli occhi gonfi,
domani ritorno.

*Direttore dell’Intrattenimento Day Time – Rai

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