Bologna, bruciano la foto di Meloni e il sindaco Lepore se la prende col governo: il suo è delirio puro

2 Mar 2024 17:12 - di Redazione
Lepore

Dopo le tensioni di piazza di ieri il sindaco Lepore rincara la dose e accusa il governo di «strategia della tensione». Non bastavano le foto bruciate del premier Meloni e del ministro Salvini insieme alle immagini di Netanyahu e uova di vernice rossa sul capo del Digos Antonio Marotta e contro la prefettura: tutto, come noto, andato in scena ieri nel corso della manifestazione pro Palestina degli studenti. Come se non bastasse però, oggi, le dichiarazioni rilasciate in calce dal sindaco della città Matteo Lepore, anziché deprecare lo sfregio e sanzionarlo duramente, puntano l’indice contro le istituzioni, al centro degli attacchi dei manifestanti.

Bologna, le deliranti accuse del sindaco Lepore

Parole pesanti, quelle del primo cittadino di Bologna, che si innestano su un terreno sociale già pesantemente avvelenato da un clima d’odio che investe ora le istituzioni, ora la polizia. E in parte anche fomentato da una certa politica che non ha mai condannato le violenze dei cortei. Una situazione incandescente in cui le dichiarazioni di Lepore, a poche ore dalle tensioni e dai disordini di ieri, rischiano di gettare altro alcol sul fuoco. Nonostante i dovuti ringraziamenti tributati «agli uomini e alle donne che indossano la divisa nella nostra città – queste le parole del sindaco per gli agenti aggrediti anche a suon di sputi e minacce –. A loro va la mia vicinanza, a partire dal dirigente della Digos Antonio Marotta colpito», ha detto Lepore nel day after la manifestazione, la delirante accusa che è seguita risuona di una veemenza inaccettabile.

Lepore rispolvera il fantasma dell’eversione per accusare il governo

«Non accettiamo lezioni, in particolare da una destra di governo che quotidianamente utilizza le istituzioni democratiche per tornaconti di partito e per promuovere una chiara e mirata strategia della tensione, fatta di dichiarazioni volgari, strumentalizzazioni continue, mancanza di leale collaborazione tra istituzioni stesse», recita un passaggio della lunga dichiarazione del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, sulle polemiche a proposito del corteo studentesco di ieri pro-Palestina. Parole, quelle del primo cittadino del Pd, che alzano il livello dello scontro e rievocano in tutta loro virulenza, contesti, termini e fantasmi che tutto fanno, fuorché stemperare la tensione.

Dopo le violenze di piazza, un violento attacco alle istituzioni

«Bologna è e resterà una città democratica e indipendente, dove la libertà di manifestare deve essere garantita a tutte e tutti e dove ogni qual volta si è superato il segno il Comune e il Pd hanno sempre preso posizione», tine e a precisare Lepore. Che poi prosegue: «Come sa bene anche la nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla quale già in passato ho espresso la mia solidarietà quando è stata oggetto di attacchi violenti, tanto quanto è accaduto, lo ricordo, al sottoscritto».

Una dichiarazione delirante

Peccato però che il pistolotto finale sia tutt’altro che di monito o minimamente sanzionatorio per gli autori delle violenze di ieri. Anzi, fino alla tirata finale della sua lunghissima dichiarazione, il sindaco dem torna a puntare l’indice contro chi ieri è stato oggetto di minacce e ingiurie urlate a suon di slogan, fuoco e fiamme: «Quando certa destra capirà che nelle istituzioni si sta insieme – insiste Lepore – allora davvero si potrà dire che avremo una democrazia compiuta nel nostro Paese. Per ora – conclude il sindaco rispolverando, tanto per non farsi mancare niente, il solito mantra dell’antifascismo militante – li vedo forti con i deboli e deboli con i forti». Un delirio che supera a sinistra persino i silenzi o le prese di posizione dei giorni scorsi su Pisa e dintorni, palesati da altri illustri colleghi di Lepore e kompagni.

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