Verso l’8 marzo. Le “straordinarie” secondo noi. Susanna Tamaro, la scrittrice ostile ai falchi gender

21 Feb 2024 18:45 - di Annamaria Gravino
susanna tamaro

Con questi ritratti in vista dell’8 marzo il Secolo d’Italia intende far conoscere alcune delle (tante) donne straordinarie che non saranno mai attenzionate dal mondo progressista. Perché, semplicemente, non si riconoscono nei canoni di un femminismo fatto di quote, rivendicazioni, piagnistei. E non perché non siano a favore delle donne e delle loro battaglie ma perché sono già oltre. Con il loro impegno in vari campi hanno già tracciato un percorso che può essere di stimolo e esempio. Sono straordinarie nella loro ordinaria capacità di coniugare l’essere donna con la professione al servizio della società. 

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È una scrittrice pluripremiata da milioni di copie, ha conosciuto i tormenti della disforia di genere e tuttora incarna un’estetica non marcatamente binaria. Ha pure frequentato gli ambienti creativi del cinema e della tv, studiando e lavorando da regista. È una fervente animalista e ha creato una fondazione a suo nome che persegue progetti umanitari. Susanna Tamaro ha tutto quello che servirebbe per essere un’icona su larga scala, tranne una caratteristica. Fondamentale: è lontana anni luce dal mainstream.

Susanna Tamaro e il rifiuto delle etichette

Tamaro non ha simpatie liberal, ha un’impostazione culturale cattolica, è anti-abortista, preoccupata dalla teoria gender e dalle sue conseguenze. Inoltre, nonostante la convivenza con una donna, ha negato di essere omosessuale in anni in cui non c’era l’ombrello della fluidità. Una circostanza inaccettabile per un mondo che poi ha finito per riconoscere almeno 13 categorie per l’identità di genere e altrettante per l’orientamento affettivo-sessuale. Tamaro rifiuta le etichette. Specie se funzionali ai progetti altrui. Così in più occasioni, su più temi, ha dimostrato di essere davvero libera. Per alcuni pare quasi si tratti di un marchio d’infamia dal quale non ci si affranca, e per il quale la scrittrice di Va’ dove ti porta il cuore e del recente Il vento soffia dove vuole ha pagato in passato con quella che oggi si definirebbe campagna d’odio. È però forse un altro l’aspetto che, di questi tempi, rende Tamaro una straordinaria o, se si preferisce, una non omologata: il rifiuto di un approccio ideologico ai temi del reale.

Una “mente più filosofica che letteraria”

In un’intervista di una decina di anni fa al Giornale, che prendeva spunto dalla sua autobiografia Ogni angelo è tremendo, di se stessa disse che “ho sempre avuto una mente più filosofica che letteraria. Procedevo attraverso domande e la scrittura è nata dal tentativo di rispondere a queste domande. Che scaturivano da questa terra esplosiva in un’epoca nella quale i fatti del primo Novecento vibravano ancora nell’aria”. L’aria di Trieste, la città in cui è nata e cresciuta e dove ha frequentato la casa di Italo Svevo, suo prozio, esponente più noto di una famiglia in cui il fermento culturale è stato incarnato anche dallo storico e giornalista Attilio Tamaro, una vita che incrociò i tumultuosi anni delle due guerre durante i quali fu prima volontario nel Regio esercito italiano e poi ambasciatore in Finlandia e Svizzera.

L’intervento sulla disforia di genere da ex “bambina nel corpo sbagliato”

Susanna Tamaro ha cultura e spessore per usare le categorie, non per adottare semplicemente una postura. Ma sceglie un altro filtro: il riconoscimento della natura profonda dell’essere umano. Di recente è intervenuta sulla sconcertante vicenda delle somministrazioni di ormoni ai ragazzini al Careggi di Firenze, portando la sua esperienza di “bambina nel corpo sbagliato”. “Da molti anni ormai mi chiedo che cosa ne sarebbe stato di me se, a sette, otto, nove anni, fossi stata presa sotto l’ala protettiva dei falchi del gender”, ha scritto Tamaro in un articolo a sua firma sul Corriere della Sera, chiarendo di essere “fermamente convinta che la storia giudicherà i cambiamenti di sesso imposti ai bambini e ai ragazzi come un crimine. Un crimine ideologico”.

La capacità di Susanna Tamaro di essere “cool” senza essere patinata

Come lo vogliamo chiamare questo modo di affrontare le cose? Empatia? Buon senso? Normalità? C’è da dire che sul tema specifico – così enorme, così doloroso, così pericoloso – anche altre voce hanno sentito l’impellenza di farsi sentire. Ma è il passo che detta la marcia. E quello di Tamaro è sempre stato all’insegna del coraggio di non appiattirsi. Di essere se stessa, di contare sul talento più che sulla frequentazione degli ambienti giusti, di fregarsene così sfacciatamente della coolness stabilita dai gusti degli altri. Nell’estetica del pensiero, prima ancora che in quella della presenza.

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