L’ultima follia woke: cambiare nome ai dinosauri ‘maschilisti’ che odorano di colonialismo

24 Feb 2024 10:11 - di Stefania Campitelli

AAA cercasi dinosauri meno maschilisti e più inclusivi. Proprio così: si tratta dell’ultima follia woke, che prevede la modifica dei nomi dei predatori del Giurassico medio quando odorano di maschilismo, razzismo e colonialismo preistorici. Per la missione ‘civilizzatrice’ si è scomodato una ricerca meticolosa di alcuni paleontologi che hanno passato al vaglio i nomi di tutti i fossili di dinosauri dell’era mesozoica – circa 1500 – con l’obiettivo di individuare i nomi problematici.

L’ultima crociata woke: rinominare i dinosauri

L’obiettivo è ambizioso (e patetico): riequilibrare la scienza – primatista bianca – che duecento anni fa nominò le specie dei dinosauri, quasi sempre in relazione alle dimensioni del rettile o al nome degli esploratori. Sono passati esattamente 200 anni da quando gli scienziati hanno dato il nome al primo dinosauro: il Megalosaurus, uno dei maggiori predatori del Giurassico medio. Dal 1824 in poi, gli esperti hanno scoperto e catalogato centinaia di altre specie di dinosauri. Scegliendoli  in base alle caratteristiche fisiche degli animali estinti oppure come “omaggio” agli studiosi che li descrissero.

Una ricerca scopre 89 nomi “poco inclusivi”

Sbagliato, tutto da rifare. Oggi la parola d’ordine di fior fior di studiosi, ossessionati dal politicamente corretto, prevede di riconsiderare la nomenclatura nel rispetto, neanche a dirlo, del sesso o delle minoranze.  A guidare la ricerca Emma Dunne, paleobiologa dell’Università Friedrich-Alexander di Erlangen-Norimberga, in Germania. Con insigni colleghi ha analizzato tutt i nomi dei dinosauri per cancellare e modificare quelli  legati a “razzismo e sessismo” oppure nominati in “contesti coloniali o in onore di figure controversi”.

“I numeri non contano, conta il principio”

Gli esperti hanno individuato 89 nomi potenzialmente offensivi, corrispondenti a meno del 3 per cento degli esemplari esaminati. Ma il numero non conta, conta il principio. Il problema in termini di numeri è davvero insignificante. Ma è significativo in termini di importanza, così Evangelos Vlachos, paleontologo del Museo di Paleontologia Egidio Feruglio a Trelew, Chubut, Argentina, che ha anche partecipato allo studio. L’obiettivo è quello di realizzare sistemi di denominazione più rigorosi, ossia più inclusivi: Non diciamo che bisogna cambiare tutto domani. Ma dobbiamo rivedere con spirito critico ciò che abbiamo fatto, vedere cosa abbiamo fatto bene e cosa non abbiamo fatto bene, e cercare di correggerlo in futuro.

Razzismo e colonialismo preistorici

Qualche esempio di razzismo semantico? E di colonialismo latente? Molti dei dinosauri scoperti durante le spedizioni tra il 1908 e il 1920 da esploratori tedeschi a Tendaguru in Tanzania (all’epoca parte dell’Africa orientale tedesca)  presero il nome dalla “componente” tedesca piuttosto che da membri della spedizione locale. Per non parlare degli eponimi appioppati ai rettili preistorici con la desinenza maschile. Per i paleontologi, vestali della religione woke, forse è ancora peggio. Che fare? Per evitare la discriminazione preistorica suggeriscono che i nomi si concentrino sulle descrizioni fisiche, come Stegosaurus (da “lucertola tetto” in greco, riferendosi alle spine a forma di piastra dell’animale) o Triceratops (“faccia a tre corna”). Sembra uno scherzo ma non lo è.

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