L’intervista. Marta Schifone: “Così avviamo gli studenti a diventare ingegneri anziché influencer”
Perché nessuno ci aveva mai pensato? Mentre si avvia alla conclusione la prima Settimana nazionale delle materie Stem (Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), fissata dal 4 all’11 febbraio, la domanda che ronza nella testa è questa. In un mondo che non da oggi registra una sempre maggiore necessità di competenze tecnico-scientifiche, ci si chiede infatti come mai in Italia, prima dell’avvento del governo Meloni, nessuno si fosse posto il problema di investire sul futuro, a partire dai “progressisti”. La risposta la dà Marta Schifone, deputata e capogruppo di FdI in Commissione Lavoro, e prima firmataria della legge che ha istituito la Settimana Stem. “È mancata la programmazione”, spiega Schifone. “I governi che ci hanno preceduto non si sono resi conto della grandissima fame di competenze in queste materie, delle necessità del mercato del lavoro, che richiedeva questi profili. Così non hanno orientato né preparato i nostri giovani, non hanno spinto sulla preparazione del futuro”. Insomma, per riassumerla con una parola, è mancata la visione. Eppure i segnali di un impegno che si faceva inderogabile erano già tutti lì, come dimostra l’ampia adesione che la Settimana ha riscontrato.
L’iniziativa è piaciuta a insegnanti, aziende, mondo dell’associazionismo, alte professionalità. E ai ragazzi? Anche se è presto per fare un bilancio, avete già un primo riscontro sull’accoglienza?
Il riscontro più importante lo avremo al momento dell’orientamento, perché la Settimana Stem non vuole essere fine a se stessa, ma un faro sul tema della promozione di queste competenze. Il nostro obiettivo è attivare una rete che funziona tutto l’anno, con diverse iniziative. Ma sono già soddisfatta del riscontro che abbiamo avuto fin qui: nelle manifestazioni in cui erano coinvolti gli studenti ci sono stati grande interesse e grande partecipazione. Anche degli applausi. All’iniziativa promossa dal ministero della Difesa con le quattro scuole militari, per esempio, i ragazzi hanno presentato quattro progetti in ambito Stem. È stato un momento molto bello.
Come si convincono a interessarsi alle materie Stem ragazzi che, dati Adecco dello scorso agosto, mettono il lavoro di influencer al primo posto tra i loro sogni?
Non vogliamo convincere, vogliamo comunicare. Non facciamo da sponsor di alcune materie piuttosto che di altre. Il punto è che c’è un deficit comunicativo da colmare rispetto alle materie tecnico-scientifiche e l’invito non è a un orientamento verso la chimica, la fisica, la matematica tal quali, ma integrate e applicate al futuro. Queste materie sono e saranno le basi delle nuove competenze. Se si pensa che Stem sono la robotica, l’automazione, l’analisi dei big data, le nano e le biotecnologie, le neuroscienze, appare evidente che il futuro sarà guidato da queste competenze. Dunque si tratta di raccontare non solo che queste materie danno molto in termini di soddisfazione personale, ma anche in termini di competitività e, soprattutto, senza ipocrisie, in termini di leva occupazione e reddituale.
FdI ha messo la promozione delle materie Stem nel proprio programma, sotto la voce lavoro. È evidente che considerate il tema politicamente qualificante. Si aspettava che la legge sulla Settimana Stem passasse all’unanimità? Non vi hanno visto arrivare? Avete lavorato di cesello? Avete intercettato anche in Parlamento un sentimento diffuso?
Noi delle materie Stem ne parliamo da tempi non sospetti: non c’erano né elezione né governo Meloni all’orizzonte. Abbiamo inserito il tema nel documento di sintesi della Conferenza programmatica di Milano e poi lo abbiamo scritto nel programma. Quindi, sì, è un punto sul quale siamo particolarmente convinti e ci siamo sempre impegnati. Anche su questa legge c’è stato un lavoro collegiale, corale nel quale sono stata molto sostenuta sia dai vertici del partito sia dai nostri esponenti di governo. Quanto al voto all’unanimità, ci sono temi sui quali non si può non convergere. Sarebbe stato davvero molto sorprendente se fosse avvenuto il contrario. Il Parlamento ha fatto il proprio dovere.
Si è chiesta perché nessuno prima si sia posto prima il problema di investire sulle Stem?
Perché non c’è stata programmazione. I governi precedenti non si erano resi conto di questa grandissima necessità, non hanno capito che dovevano spingere sul futuro, sulle competenze che richiede e che sono necessarie al mercato del lavoro. Una delle cose che mi ha colpito di più rispetto alla Settimana Stem è stata la grande adesione spontanea delle aziende, anche di aziende globali. Esiste davvero una fame di questi profili.
Insomma, ci sono “progressisti”, però quando c’è da immaginare il futuro devono scendere in campo i conservatori…
Diciamo che non è la prima volta che siamo avanguardia. Il tema del lavoro sulle competenze e sull’orientamento è qualcosa che noi affrontiamo da sempre sia per la scuola e l’università sia, soprattutto, rispetto al lavoro. È un nostro cavallo di battaglia da sempre e non ci stupisce che dall’altra parte non si sia arrivati a un ragionamento in questi termini. la loro visione è molto distante dalla nostra.