L’editoriale. Cara Elly, fai una cosa di sinistra:
è tempo di dire basta allo “Sceriffo”
Cara Elly, fai una cosa di sinistra. Almeno dentro le mura “di casa”. Caccia Vincenzo De Luca. Sì, via dal Pd. Abbiamo atteso per più di ventiquattro ore, con un minimo di speranza, che superato ogni limite dello sproloquio nei confronti di Giorgia Meloni – nonché presidente del Consiglio – arrivasse da parte della segretaria del Partito democratico una parola definitiva nei confronti del Masaniello-governatore della Campania. Un gesto politico, da leader. E invece, nonostante la gravità della sceneggiata de O’ sceriffo, niente: silenzio tombale. Bocche cucite dalla “capa” del Nazareno ma anche dal resto delle femministe del Pd e dei suoi cespugli.
Eppure gli ingredienti per una presa di posizione chiara contro De Luca senior – che invece di scusarsi oggi ha ricominciato con gli insulti – ci sarebbero tutti: ressa e spintoni del suo codazzo davanti ai palazzi del governo, epiteti e offese urlate nei riguardi di un rappresentante delle forze dell’ordine («Non fare il pinguino»), fino allo sfogo brutale contro la premier: «Stronza». Insomma, tutto quello che un “sincero democratico” non dovrebbe mai fare né dire. In nome di cosa? Come la chiamano da quelle parti: proprio così, grammatica istituzionale. A cui aggiungiamo tutto l’armamentario sul patriarcato che deve valere per tutti: inclusi i trapper ingaggiati nella “ditta” troppo in fretta (senza controllare i testi di qualche anno fa) e, a maggior ragione, le cariche elettive.
Elly Schlein, però, ha deciso di non intervenire. Nonostante la figura ingombrante del governatore campano e una linea di separazione plastica fra i due (lui la detesta e la liquida, sprezzante, chiamandola «Elena»). Certo, la realpolitik ha suggerito nei mesi scorsi alla segretaria dem di non rompere del tutto con un “cacicco” meridionale (nonostante avesse annunciato il contrario durante la cavalcata per la segreteria) buono per tenere su le percentuali di un Pd che teme il sorpasso del partito di Giuseppe Conte. Peccato però che, nel frattempo, gran parte di quelle correnti che avevano intuito che alle primarie stava per succedere qualcosa stiano già tramando per il dopo-Schlein: con Paolo Gentiloni che si scalda a bordo campo pronto a giocare in qualsiasi ruolo. In sua vece.
Quale occasione migliore che questa – a difesa della dignità delle istituzioni e di una donna –, per dare dunque un segnale di leadership? Per chiudere, allo stesso tempo, la stagione di un certo notabilato? Ecco: ci vuole un gesto politico. Un segnale. Un modo per prendere in mano una volta per tutte il proprio partito. E il proprio destino. Dai Elly, coraggio. Se non ora, quando?