La fatale attrazione dei partigiani da tastiera per le sprangate: Ilaria mena i nazisti? E’ una di noi
«Una persona che finisce in galera perché ha fatto a botte coi nazisti mi sta automaticamente a cuore». Così parlò Zerocalcare. Il guru dei progressisti trasformatisi in partigiani da tastiera. Cui non è sembrato vero di recuperare lo spirito battagliero di un tempo, quando non solo menare ai fascisti non era reato ma soprattutto non lo era ucciderli. Di qui l’agitazione per cancellare dall’immaginario cittadino i luoghi dove il terrorismo rosso si esercitò a sparare contro ragazzini inermi iscritti al Msi. Via la celtica da Acca Larenzia è l’ultimo imperativo categorico della sinistra romana. Ci sarebbe poi da discutere su quel termine usato, “fare a botte”. Andò proprio così? Il dubbio è lecito.
Questi i fatti in cui Ilaria Salis è implicata e per i quali è già stata scagionata dalla sinistra in lacrime per le “catene”: “Tra il 9 e l’11 febbraio 2023, in occasione del Giorno dell’Onore, si sono verificate a Budapest cinque aggressioni, durante le quali un gruppo di uomini e donne ha attaccato alle spalle alcuni passanti, brutalizzandoli con vari strumenti. Tra le vittime vi erano cittadini sia ungheresi sia stranieri. Delle 9 persone aggredite, 4 hanno riportato ferite gravi e 5 ferite lievi, ma diversi di loro avrebbero potuto subire lesioni letali”.
Si dirà: ma erano “nazisti” e quindi tutto ok. Lo ha scritto Piero Sansonetti, garantista pure coi peggiori mafiosi ma non così umano verso gli estremisti di destra. «La Salis – ha scritto – è accusata di aver tirato un paio di cazzotti a un nazista che inneggiava alle SS e alla Gestapo. Anch’io, se incontro un nazista che inneggia alle SS, gli tiro un pugno sul naso. Se ci riesco anche due». Si è accodato Luca Bottura: “Una che mena i nazisti andrebbe abbracciata, ma Meloni dice che l’Ungheria può fare quello che vuole”. Quando lo ha detto? Mai. Ma l’interpretazione della realtà è sempre legittimamente visionaria… dunque se io ritengo che un tizio sia un “nazista” lo prendo a sprangate, come si faceva coi “fascisti” negli anni Settanta e magari lo ammazzo e pazienza. Vale il contesto, mica l’omicidio. Ne sanno qualcosa Sergio Ramelli e Paolo Di Nella. Anche per Chiara Valerio – come ti sbagli… – chi “fronteggia” i nazisti a Budapest fa parte della famiglia. So’ tutti fratelli e sorelle. Su quel “fronteggiare” ci sarebbe ancora da disquisire: venti contro uno? Si chiamerebbe aggressione, ma vai a vedere queste sciocche sottigliezze. (Valerio ritwitta Francesco Pecoraro, una perla di cui ci informa Libero).
Questi si credono ancora i migliori, legittimati ad aprire le porte del paradiso ai santi loro, rigettando all’inferno i “nemici”. Hanno dunque la loro Giovanna d’Arco e guai chi gliela tocca. Si sentono talmente dalla parte del giusto che, come ha scritto Gianni Cuperlo, annullano la contabilità delle vittime fatte dal comunismo in nome della loro, tutta presunta, superiorità morale. “Io posso dirmi comunista – ha sentenziato il nostro su La Stampa – ma voi avete l’obbligo di dichiararvi antifascisti”. Questi nuovi partigiani, che fanno la guardianìa h24 ai loro privilegi, sono il frutto dell’ipocrisia denunciata dal buon Guareschi: “Essi sono dei dritti che chiamano «retorica» o «fascismo» tutto quanto può risultare loro scomodo. Neutralisti, pacifisti, antimilitaristi, obiettori di coscienza, arrivisti dalle idee chiarissime, essi, pur di arrivare, sono pronti ad ogni compromesso”. E, passetto dopo passetto, sono pronti a sdoganare di nuovo gli slogan truculenti degli anni di piombo. Per niente intristiti dal fatto che sono passati da Marx a Makkox.