Strage di Bologna: un piccolo orologio disintegra la grande “prova regina” contro Bellini

17 Gen 2024 13:23 - di Massimiliano Mazzanti
strage Bologna

Riceviamo e  pubblichiamo

Un fotogramma che è valso un ergastolo, quello che riprenderebbe Paolo Bellini in transito sul primo binario della stazione di Bologna il 2 agosto 1980. Un fotogramma dell’ormai “leggedario” filmato amatoriale girato dal turista svizzero-tedesco Harald Polzer che è stato elevato a “prova regina” della colpevolezza dell’unico imputato “eccellente” dell’ultimo processo dell’interminabile sagra giudiziaria della strage più orrenda mai compiuta in Italia. Però, anche un “frame” che contiene la smentita più completa e decisiva dell’ipotesi accusatoria, nascosto tra i particolari secondari della ripresa proprio come accade nei primi film di Dario Argento.

Infatti, in vista del processo d’appello, gli avvocati del Bellini, Antonio Capitella e Manfredo Fiormonti, hanno fatto ingrandire quell’immagine tanto importante, sia per l’accusa che ha chiesto la condanna sia per la corte che l’ha comminata, svelando la realtà dei fatti. Per capire bene la vicenda, bisogna ricordare come l’identificazione dell’uomo coi baffi ripreso dal Polzer in Paolo Bellini non è stata determinata scientificamente. La perizia della Procura generale parla genericamente di una forte somiglianza, a fronte di uno studio “antropometrico” depositato dal collegio difensivo che smentisce in radice l’ipotesi. La corte, però, con una decisione alquanto discutibile sotto il profilo giuridico, non ha ritenuto di disporre una terza perizia tecnica d’ufficio, ritenendo sufficiente la deposizione dell’ex-moglie dell’imputato. La quale, dopo un primo, fermo diniego che le valse una denuncia per falsa testimonianza, ha affermato in successivi interrogatori e in aula che quello immortalato sì, era suo marito.

Sempre secondo la moglie, Paolo Bellini, quel 2 agosto 1980, dopo essere stato alla stazione di Bologna, avrebbe raggiunto Rimini verso l’ora di pranzo, tra le 12 e le 13. Da dove, riunitosi a lei e ad altri familiari, sarebbe partito per raggiungere il Tonale e trascorrere un periodo di vacanza in montagna. Essendo certo l’arrivo al Tonale del Bellini, della moglie e degli altri familiari, nel tardo pomeriggio sempre del 2 agosto, non è nemmeno ipotizzabile che il viaggio sia cominciato da Rimini a un orario successivo di oltre un’ora da quello di arrivo nella località marittima romagnola, cioè, alle 14-14.30. Il 2 agosto fu il primo week-end di “esodo vacanziero” ed è pacifico ciò che attestano tutte le fonti sull’intasamento straordinario di tutte le reti stradali da e per le località turistiche. E qui, come direbbe Totò, casca l’asino!

Infatti, nel fotogramma in questione, dietro al presunto Bellini, si vede chiaramente una donna di mezza età, di spalle, che sta entrando nella parte non crollata della stazione. Una donna con un vestito chiaramente estivo, completamente “sbracciato” e che al polso sinistro indossa un orologio. Ingrandendo quel particolare del polso, è emerso chiaramente come l’orologio della signora indichi le 13.15. Crollo repentino della “prova regina”: se l’uomo che cammina senza neanche particolare fretta al primo binario alle 13.15 fosse stato Bellini, non avrebbe mai potuto raggiungere in auto Rimini prima delle 17. E men che meno esserci proprio tra le 13 e le 14 come sostiene l’ex-coniuge, Maurizia Bonini. D’altro canto, non è ipotizzabile nemmeno una semplice confusione nei ricordi circa la partenza sua e del marito per il Tonale. Dal momento che, qualora Bellini fosse giunto a Rimini intorno alle 17, l’arrivo nell’albergo di montagna, di cui si ha traccia certa nel tardo pomeriggio, sarebbe dovuto avvenire a notte inoltrata.

Dunque, molto semplicemente, l’uomo ripreso alle 13.15 alla stazione di Bologna non è Paolo Bellini. Del quale, quindi, a questo punto, non esiste alcuna prova della sua presenza in stazione il 2 agosto. Prova che è stata dichiarata necessaria e fondamentale per stabilirne la colpevolezza. Fine della partita? Sicuramente no. Si potrebbero raccogliere scommesse sulle controdeduzioni che Procura e parti civili opporranno a questa evidenza: a partire dall’ipotesi che la signora avrebbe potuto indossare un orologio “fermo” o rotto. Ma la realtà dei fatti è sempre più chiara: a Bologna le condanne per la strage sono appese sempre e solo a suggestioni, mai a prove.

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