“Schlein, non ti devi candidare, ci penalizzi”: i siluri delle donne del Pd che non la vogliono alle Europee

15 Gen 2024 9:37 - di Gabriele Alberti

È rivolta contro l’ipotesi Schlein capolista alle Europee. Candidatura o non candidatura, questo il problema, grosso come una casa, anzi come una “ditta”, quella del Pd. Lo “stop” alla candidatura venuto da Romano Prodi non sembra essere recepito come un diktat dalla segretaria, che tergiversa. Non solo i padri nobili la stanno sconsigliando, il “niet” alla sua possibile scesa pista arriva da un bel numero di donne dem, tra le quali spira aria di tempesta contro Elly. La fase “amletica” della segretaria le sta irritando non poco. Si sa che la presenza come capolista del Pd della segretaria taglierebbe le gambe alle altre candidate che aspirano a un posto al sole a Strasburgo. Ghi strali e i messaggi trasversali a non presentarsi non arrivano solo dal suo partito, ma anche dagli alleati- sia pure ipotetici- delle opposizioni.

Rivolta delle parlamentari del Pd contro la Schlein: “Non deve candidarsi alle Europee”

Iniziamo con ordine, ossia dal”disordine” che una Schlein capolista alle Europee creerebbe nel Pd. Il primo siluro lo lancia Paola De Micheli  in un’intervista al Corriere della Sera: «Capisco chi pensa che possa essere un bene che Elly Schlein si candidi per Bruxelles. Si punta sul traino vincente della segretaria. Ma le controindicazioni per questa operazione sono diverse». Chiarisce come meglio non si potrebbe:  «Vorrei cominciare dall’effetto che inevitabilmente genererebbe sulla corsa delle altre candidate. La segretaria capolista dovrebbe lasciare il posto al secondo, un uomo, per via dell’alternanza». Aggiunge che «una candidatura della segretaria porterebbe il resto del partito a impegnarsi con poco entusiasmo nella competizione elettorale. C’è invece bisogno di tutte le forze in campo, in un impegno collettivo a ogni livello di tutte e di tutti». E’ un po’ il leitmotiv avanzato dalle altre dem in questi giorni: insomma, non vogliono che Elly Schlein provi ad alzare la testa. “Non dobbiamo essere identificati come il partito del leader. C’è già il partito di Giorgia Meloni per questo». Una notazione ridicola: dalla premier ci sarebbe solo da apprendere nel Pd …

Boldrini, Moretti, Zampa e le altre anti-Schlein

Il De Micheli-pensiero è anche quello espresso da Marta Bonafoni, fedelissima della Schlein, e da Laura Boldrini. Il loro è un consiglio in chiave femminista, il che è tutto dire: la sua candidatura penalizzerebbe le altre parlamentri dem. Chierissima era stata l’ex presidente della Camera: “Immagino che non voglia incorrere in questo rischio, lei è una segretaria femminista”. “Candidandosi capolista nelle cinque circoscrizioni – riassume Boldrini – finirebbe per penalizzare le donne del partito”. Quali un altolà. Avvaloratto dalla posizione di Alessandra Moretti. “Valorizzare le donne – spiega l’ex vicensindaca dem a Vicenza – è un elemento chiave per costruire un programma femminista. La voce delle donne non può essere silenziata ma è essenziale per garantire quell’Europa sociale e dei diritti messi a dura prova da governi di destra come il nostro”. Il livore ideologico anti-governativo usato come scusa contro le velleità europee di Elly Schlein. Un giochetto scoperto. Un concetto ribadito anche dala senatrice Sandra Zampa. “Le pluricandidature sono fasulle – spiega Zampa – e quindi mi attendo che Elly non proceda in questa direzione”.

Valter Verini: “Candidati, ma resta a Strasburgo”

Arriviamo ai pontenziali “alleati”:  +Europa con Emma Bonino dice a Repubblica: «Sono d’accordo con Prodi», dice secca. Si aggiungono i Verdi di Bonelli: “Dimettersi dopo l’elezione sarebbe una beffa. E questo vale per tutte e tutti i leader». A sinistra si trincerano dietro il “rispetto” delle istituzioni europee per impallinare la Schlein. “La solitudine di Elly”, titolava pochi giorni fa Geremicca sulla Stampa. Addirittura oggi spunta una “terza via”: c’è chi come il senatore Valter Verini dalle colonne del quotidiano di Malaguti le suggeriusce di  candidarsi e restare a Strasburgo: “Sarebbe un atto di forza, da lì si combattono le vere battaglia- spiega-. Niente male l’ipotesi di  mandarla via da Roma: «Non serve stare in Parlamento per fare la leader». Ha ragione Prodi a dire che le «finte candidature sviliscono il voto». Faccia di bronzo: il Pd ha governato per anni senza vincere un’elezione e ora ritrovano il senso delle istituzioni. La sola ipotesi Verini è un po’ lo specchio di quanto sia “amata” la segretaria.

Il retropensiero: l’Europa “salvagente” per Elly?

Per questo si fa strada un retropensiero. Perché Schlein fa rimanere aperta la sua possibilità di candidarsi se sia padri nobili che donne del suo partito le fanno la guerra? Risposta possibile: la possibiltà di una prova mediocre del Pd alle Europee metterebbe in discussione la sua leadership. Il Parlamento europeo sarebbe un salvagente, un luogo più tranquillo rispetto alle faide interne alla “ditta”. E lei sa con quale facilità i segretari ventgono inghiottiti…

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