L’intervista. Stenio Solinas è l’anima della Settecolori: “Oltre le etichette, vale solo la qualità”

24 Gen 2024 6:50 - di Antonella Ambrosioni
Stenio Solinas

L’editoria alternativa ha un fiore all’occhiello, Settecolori, fondata alla fine degli anni ’70 da Pino Grillo, poi seguita dal figlio Manuel e che ora vanta un direttore editoriale raffinato che non ha bisogno di presentazioni: Stenio Solinas. Scrittore, a lungo responsabile delle pagine culturali del Giornale, proprio per la sua attività di direttore “artistico” di Settecolori è stato premiato dallAcademie française a Parigi con il “Prix du rayonnement de la langue et de la littérature française” per l’anno 2023. Riconosciuta dai cugini francesi – parchi di elogi-  la sua opera di “editore di testi classici francesi inediti in Italia”. I libri editi da Settecolori sono recensiti sui quotidiani che contano e presenti in rubriche letterarie radiofoniche popolari. Basterebbe consultare il bel sito online per mandare al diavolo chi ancora vuole veicolare l’immagine di  un’editoria di destra relegata al “caso Vannacci”. Battutona idiota usata  di recente da Zerocalcare in un’intervista a Repubblica, emblema di una spocchia intellettuale di chi non legge e non si informa al di là del proprio naso.

Solinas, capisco che lei è troppo “oltre” per essere trascinato in una polemica di bassa lega, ma una risposta va data a Zerocalcare & Co. Lei è la prova provata di un’editoria colta, raffinata e oltre gli schemi.

Rispondo dicendo che non ha senso impostare il discorso su una dicotomia destra-sinistra. Il senso di una casa editrice è pubblicare dei bei libri. Chi li compra lo fa per ritrovarvi idee, gusti, stili, significati. E di solito non fa un’analisi delle appartenenze degli autori. La polemica è sterile, ridicola e non porta da nessuna parte.

Un editore è il suo catalogo lei scrive: cosa intende? Ci presenti la casa editrice Settecolori che da sempre spicca per qualità: bella da leggere, bella da vedere, da toccare, per la qualità e la cura grafica profuse in ogni volume.

Lo scopo è proporre libri che pur nelle differenze delle idee costituiscano un insieme, sotto il profilo della concezione del mondo, sotto il profilo della differenziazione dall’editoria usa e getta. Libri che abbiano importanza per il contenuto più che per il contesto commerciale. Libri legati dalla passione per i grandi temi e i grandi ideali; dal gusto per un «altrove» ampiamente inteso, dal rifiuto del luogo comune, della letteratura banale, delle scorciatoie del successo facile. I volumi hanno una tiratura limitata- 2-3mila copie- e vanno a costituire un catalogo che dura nel tempo. Pubblichiamo 12 libri l’anno, di media uno al mese. Vorremmo arrivare a 14.

Sfogliando quotidiani e inserti letterari lontani ideologicamente vediamo come i libri di Settecolori sonno recensiti dalle più autorevole testate. Il Fatto, Tuttolibri della Stampa, l’inserto “Alias” del Manifesto hanno recensito cn entusiasmo uno degli ultimi libri da voi editati: il libro di Jean Giono Il disastro di Pavia. Libro che per un po’ è stato primo nella classifica Robinson: la qualità e la ricerca di “chicche” letterarie pagano?

Sì, è questa la scommessa. Il libro citato è uno straordinario affresco un passaggio storico dell’Europa. La transizione dalla cavalleria che cede al fuoco delle armi, cambiando le regole della guerra. Un libro di storia scritto da una romanziere con una scrittura bella e avvincente. E’ un inedito.

Pubblicare testi inediti è una specialità della casa?

Sì, sostanzialmente inedito è  “Il Montaggio” dello scrittore russo Vladimir Volkoff: volume che smaschera i meccanismi  della ‘macchina del fango’. Una storia di servizi segreti, depistaggi capitanati da Mosca, che, letti oggi, rivelano strategie che paradossalmente permangono. In un’epoca di nichilismo, si ricercano la congiura del silenzio o la demonizzazione dell’avversario. L’autore è un russo naturalizzato francese, per cui si tratta di un libro straordinario stilisticamente: la profondità russa unita allo stile francese-cartesiano, ironico e intelligente.

Cosa ha rappresentato per lei il premio conferitole dall’ Academie française per la sua attività di editore di Settecolori?

Per la verità ho ricevuto ben pochi premi e questo arriva a coronamento anche della mia attività di scrittore. Mi sono sempre occupato di autori francesi che andavano riscoperti – Chateaubriand- Morand, Brasillach- . Il riconoscimento ha unito un’attività di autore e di “editore di testi classici francesi inediti in Italia”.

A proposito di Robert Brasillach, Tuttolibri ha recensito “Sei ore da perdere”, facendo in qualche modo ammenda, parlando di “autore da riscoprire”. Leggo testualmente. “…Fu gran peccato perché uno dei migliori scrittori di Francia è sopravvissuto solo nelle pubblicazioni semiclandestine della destra. Ora Settecolori offre la possibilità di scoprire Sei ore da perdere: un piccolo capolavoro, travestito da romanzo poliziesco, ma in realtà spietata ricognizione nella Francia di Vichy”. Bella soddisfazione…

In effetti Brasillach ha subito la sorte di essere trasformato in un ‘santino’ ideologico che ne ha compresso le qualità letterarie. Inserito nel dibattito ideologico feroce dell’epoca, pagò per le sue idee. Dopo oltre 70 anni ragionare per ideologismi sarebbe ridicolo. Sei ore da perdere” ha il piglio di un noir del miglior Simenon.

Avete due collane -narrativa e saggistica- alle quali se ne è aggiunta una terza: di che si tratta?

Una collana dedicata all’arte. Usciremo con un volume molto particolare, “Casa come me” di Carlos D’Ercole. interviste ad artisti all’interno delle loro case, delle loro collezioni, dei loro “oggetti”. Nelle collane narrativa e saggistica molto spazio è dato ai libri di viaggio che abbiano una dignità di scrittura elevata, sulla scia del genere anglosassone e francese.

Un altro autore che hai valorizzato è Giuseppe Berto con “Elogio della vanità”: una “chicca” molto attuale sul narcisismo contemporaneo.

Anche questo è un testo sconosciuto, doveva uscire nelle Strenne natalizie di Rizzoli. Poi non se ne fece nulla e noi lo abbiamo recuperato dai meandri delle carte. E’ una riflessione sulla vanità sotto vari aspetti, con l’approccio di un filosofo 700esco.

Cosa ci aspetta in questo 2024? Cosa avete in cantiere?

Il romanzo “Smara” di Michelle Dieuchange: un inedito, libro straordinario dell’autore francese che negli anni ’20 decise di scoprire  una città misteriosa del Marocco, luogo mitico dove nessuno andò mai. Lui vi si recò travestita da donna berbera. Morì durante il viaggio di ritorno. Questo diario ebbe grande successo: viaggio straordinario nel luogo che non esiste. Pubblicheremo poi “L’alfabeto del viaggiatore” dell’inglese Steven Runciman, storico delle crociate e dell’impero bizantino. Libro come pochi se ne scrivono, quando viaggiare era un piacere. Pubblicheremo poi il secondo volume della Mandelstam, moglie del poeta russo che morì nel periodo delle ‘purghe’ sovietiche durante gli anni’30. la moglie ne mantenne viva la memoria. Il libro si intitola “Speranza abbandonata”. Abbiamo poi intenzione di inaugurare una collana di noir d’antan, stile anni ’50-’60, quando il genere non era gravato da inserti horror.

 

 

 

 

 

 

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