La lezione di Leonardo Sciascia, in un’intervista inedita: “Mussolini conosceva il paradosso dell’Italia”

15 Gen 2024 10:44 - di Vittorio Giovenale
Leonardo Sciascia

«C’è una mancanza di governo che è, forse, la salvezza dell’Italia, perché sembra che nei periodi di lunga crisi di governo, il Paese rifiorisca. Il paradosso dell’Italia è questo: Mussolini diceva: “Governare gli italiani non è difficile, è impossibile”. E se lo diceva lui, bisogna crederci. Questa impossibilità di governare il Paese, a un certo punto, permette questo risorgere di iniziative, quest’arte di cavarsela da soli. Così, quando mi chiedono quale sarà il destino dell’Italia, se non finirà per andare a fondo, rispondo sempre che non c’è un fondo, credo che l’Italia continuerà sempre così». Lo affermava lo scrittore Leonardo Sciascia (1921-1989) in un’intervista inedita in Italia pubblicata per la prima volta sul nuovo numero di “Todomodo” (Olschki Editore), la rivista di studi sciasciani che pubblica da tredici anni l’Associazione degli Amici di Leonardo Sciascia.

Leonardo Sciascia nell’intervista ai docenti spagnoli nel 1983

Il lungo testo “Colloquio a più voci con Leonardo Sciascia” è tradotta dallo spagnolo ed in origine apparve sulla rivista dell’Università di Alicante “Campus” (numero 2, autunno 1983) a firma dei docenti José Carlos Rovira, Juan Rico, Enrique Giménez, José María Tortosa, Benjamín Oltra e Carlos Mateo. L’intervista fu realizzata in occasione del viaggio di Sciascia in Spagna nell’autunno del 1982. Nel corso del colloquio, l’autore di “Il giorno della civetta” sottolinea la differenza tra l’italiano dei politici e l’italiano degli italiani: “Il primo è diventato una lingua impossibile, non si capisce niente, insomma. Parlando di Federigo De Roberto e del romanzo ‘I Viceré’, dicevo che il comizio tenuto dal principe di Francalanza alla fine del libro costituisce, in realtà, lo scoop, il presentimento di quello che sarà il linguaggio dei politici di oggi, che parlano di tutto, senza farsi capire e senza parlare dei veri problemi del Paese”.

“Finché ci sarà un grande Partito comunista non avremo governi stabili”

Sciascia parlava dell’Italia in termini di crisi come sistema valutando lo scenario politico del 1982: “Visto il ripetersi delle crisi, si può dire che è diventata un sistema, ma il sistema consiste nel concedere agli italiani una pausa affinché possano governarsi da soli. La crisi è una sorta di valvola di sicurezza, anche se può sembrare paradossale. È vero che sarebbe auspicabile per l’Italia avere un governo più stabile con programmi da realizzare, ma, finché ci sarà un grande partito comunista, non credo che questo sia possibile. Il Partito Comunista condiziona la Democrazia Cristiana, che cerca nel Partito Comunista la soluzione dei propri peccati, e condiziona il Partito Socialista, che è costretto ad andare a sinistra, o a destra, sbandando continuamente”. Rispetto a questa situazione, lo scrittore siciliano spiegava: “La mia aspirazione, il mio desiderio, che non so se si realizzerà mai, è che il Partito Socialista e tutti i partiti laici di centrosinistra riescano a raccogliere un numero di voti tale da poter governare senza la Democrazia Cristiana e senza i comunisti”.

Ma nell’Italia del 1982 era cambiato qualcosa che potesse far pensare che tutti i partiti laici del centrosinistra potessero creare un’alternativa storica diversa da quella che c’era stata? Sciascia ai suoi interlocutori spagnoli così rispondeva: “Si può dire tutto il negativo che si vuole sui governi di centro-sinistra, il cui principale difetto è stato questo: che i socialisti, quando sono andati al governo, si sono omologati al modello democristiano, si sono comportati come i democristiani, occupando posizioni, cercando una clientela elettorale e cose simili. Ma senza i governi di centro-sinistra, non si spiegherebbe quella mobilità, quella capacità di movimento che la società italiana ha assunto. Su questo non ci sono dubbi: senza i governi di centro-sinistra non si spiegherebbe il divorzio, per esempio, il referendum sul divorzio e tante altre cose. Ora spero che questa lezione, questo fallimento, abbia aiutato i socialisti a capire che, quando sono al governo, devono comportarsi da socialisti, non da democristiani. Questa è la speranza. Al momento vedo qualche segno di speranza. L’ho visto anche non molto tempo fa: c’era un uomo onesto come Spadolini alla presidenza del Governo, un uomo colto, intelligente, con le sue vanità, sì, ma era un uomo rispettabile. Alla Presidenza della Repubblica c’è ancora un uomo onesto, sincero, con le sue follie, ma anche rispettabile. Io spero che questi siano segni di cambiamento nella vita italiana”.

“La tessera del Partito radicale? Si può anche essere fascisti e radicali”

Su quale sarebbe stata la missione del Partito radicale in quella situazione, Leonardo Sciascia spiegava: “La missione del Partito Radicale è fare il guastafeste, opporsi e difendere i diritti civili. Cosa che in un Paese come l’Italia è facile dimenticare con leggi o comportamenti anticostituzionali. Il Partito Radicale serve a ricordare la Costituzione”. Secondo l’autore di “A ciascuno il suo” e “Candido, ovvero Un sogno fatto in Sicilia”, c’era la possibilità di un riavvicinamento tra il Partito Radicale e i socialisti: “il Partito Radicale consente la doppia militanza. Si può essere comunisti e radicali, democristiani e radicali, e anche fascisti e radicali. Ma negli ultimi tempi i rapporti tra il Partito Socialista e il Partito Radicale sono cambiati, soprattutto per la questione delle spese militari, perché il Ministro della Difesa è socialista e ha aumentato le spese militari invece di ridurle. Questo è il motivo della polemica con Pannella. D’altra parte, però, c’è un’ala del Partito Radicale che vuole avvicinarsi ai socialisti ed è per questo che il 40% dei radicali ha lasciato l’ultimo congresso”.

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