Intervista con l’economista Domenico Lombardi: ecco perché la Borsa ha brindato grazie al governo Meloni

4 Gen 2024 15:07 - di Priscilla Del Ninno
Borsa e mercati Lombardo

Nel 2023 la Borsa di Milano è stata la migliore tra le principali piazze finanziarie del mondo: nonostante i profeti di sventura della sinistra, la sfiducia dei mercati nei confronti dell’Italia non si è manifestata. Al contrario, la stessa minaccia di possibili fiammate dello spread si è rivelata solo uno spauracchio delle opposizioni. Dello scenario in corso, e delle prospettive nell’immediato futuro, abbiamo parlato allora con Domenico Lombardi, economista ed esperto di public policy, direttore del Policy Observatory della Luiss, nonché consulente di istituzioni finanziarie multilaterali e membro di comitati scientifici italiani ed esteri.

Intervista con l’economista Domenico Lombardi

Tra i tanti ruoli che ha ricoperto, Lombardi è stato editorialista de Il Sole 24 ore e di Project Syndicate. Citato in numerosi rapporti parlamentari, è stato audìto dalla Banking Committee e dalla Subcommittee on Security and International Trade and Finance del Senato degli Stati Uniti. Dalla Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati; dai consigli di amministrazione delle istituzioni multilaterali finanziarie, e dal G20. Nel 2018, il Presidente della Repubblica lo ha nominato, di sua propria iniziativa, Cavaliere all’Ordine del Merito della Repubblica italiana. Ecco cosa ci ha detto.

Il boom della Borsa in che modo è dovuto all’azione del governo? Il rigore nei conti e l’atteggiamento collaborativo con la Ue ha prodotto i buoni risultati?

Nel 2023 si sono consolidate le aspettative per un Governo stabile, orientato alla prudenza fiscale, lealmente posizionato nel contesto dell’Alleanza Atlantica e del quadro europeo. Con l’Europa, ha lavorato a un aggiornamento del PNRR e alla sua implementazione, prova ne è che è stato appena chiesto il pagamento della quinta rata. I mercati lo hanno notato e si sono adeguati. A fine anno lo spread si è collocato stabilmente nel range tra i 160 e i 170 punti, chiudendo simbolicamente a meno di 159: uno dei risultati migliori nell’ultimo anno e mezzo, persino prima che il Governo Meloni si insediasse. È fondamentale alimentare questo ciclo virtuoso di politiche fiscali prudenti e aspettative favorevoli degli operatori di mercato che si traducono in minori costi di rifinanziamento del debito, a parità di altre condizioni.

Si aspettava le promozioni attivate dalle agenzie di rating?

Le società di rating hanno preso atto delle dinamiche appena descritte. Occorre, tuttavia, non darle per acquisite, perché si fondano su equilibri che possono mutare repentinamente.

Il no al “nuovo Mes”, che secondo alcuni doveva provocare pesanti ripercussioni sui mercati, al momento non ha determinato conseguenze per l’Italia. Il merito è anche della solidità delle banche italiane, come hanno spiegato esponenti del governo?

Il “no” al Mes era stato largamente anticipato. In tal senso, lo stesso ministro Giorgetti aveva avvisato i partner europei che ci sarebbe stato un voto parlamentare e l’esito appariva piuttosto scontato. Dunque, in questo contesto il Governo si è concentrato nel richiedere – ed ottenere per quanto possibile – modifiche alla bozza di riforma del Patto di Stabilità e ad approvarla responsabilmente rinunciando al veto; in caso contrario, ciò avrebbe potuto segnalare una diluizione dell’impegno alla stabilità fiscale. Non è un caso, pertanto, che lo spread sia rimasto stabile nonostante il voto contrario sulla riforma del Mes.

Quali sono stati, nei mesi scorsi, altri importanti indicatori sullo stato di salute della nostra economia e della nostra solidità finanziaria, nonostante il pesante debito pubblico?

L’economia italiana ha mostrato resilienza ed un relativo dinamismo rispetto al contesto europeo. Questo non è stato il risultato di politiche economiche lasche, ma di scelte precise: oltre agli interventi sul PNRR, si possono citare la dismissione del Superbonus con i suoi effetti fiscali particolarmente dirompenti. L’abolizione del Reddito di Cittadinanza e l’introduzione di interventi alternativi. Il taglio al cuneo fiscale per i redditi meno abbienti e l’avvio della riforma fiscale. Il tutto sempre valorizzando i ristretti margini di manovra e la necessità di mantenere una postura prudenziale nelle politiche fiscali.

Braccio di ferro con l’inflazione e lotta alla disoccupazione sul fronte interno, progressiva eliminazione di sussidi e bonus: è questa la strada giusta per la stabilità dei conti e la fiducia dei mercati?

Stabilità dei conti e prospettive di crescita sono i criteri su cui i mercati fondano le loro aspettative. Aggiungo che, dato l’elevato debito pubblico, l’unico modo per garantirne la sostenibilità è lavorare sulla crescita. In tal senso, gli investimenti pubblici previsti nel PNRR sono fondamentali per sostenerla, ancora di più in un contesto di tassi elevati che penalizzano gli investimenti privati.

 

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