Il ministro Sangiuliano finanzia una targa in memoria di Antonio Gramsci “perseguitato dal fascismo”

4 Gen 2024 20:26 - di Lucio Meo

All’alba del 27 aprile 1937, colpito da un’emorragia cerebrale, Antonio Gramsci, fondatore del Partito comunista d’Italia, si spegneva in un letto della clinica Quisisana di Roma. A 87 anni di distanza dalla morte dell’intellettuale sardo, “martire antifascista” per eccellenza, arrestato e incarcerato nel 1926 dalla polizia del regime di Benito Mussolini, il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha inviato una lettera ai vertici amministrativi della casa di cura per chiedere che venga apposta una targa commemorativa “in ricordo della personalità di Antonio Gramsci, deceduto in questa struttura, dopo un ricovero doloroso e in regime di libertà condizionata”.

Sangiuliano e la targa a Gramsci: “Una grande personalità intellettuale”

Sangiuliano ha dato disponibilità del ministero a farsi carico degli oneri economici per installare la targa commemorativa in ricordo dell’autore della monumentale impresa dei “Quaderni dal carcere”.

Antonio Gramsci è una della più grandi personalità intellettuali e politiche dell’Italia del Novecento, ingiustamente perseguitato dal fascismo per le sue idee – dichiara il ministro Sangiuliano – Ho più volte annunciato che dedicheremo alla sua personalità e opera una mostra, ma ritengo doveroso accogliere l’appello di studiosi e cittadini ad apporre una targa commemorativa nel luogo dove si spense”. Gramsci trascorse nella clinica Quisisana, in cima al quartier Parioli, gli ultimi venti mesi della sua vita: vi fu ricoverato dal 24 agosto 1935 sotto “sorveglianza poliziesca severissima con tre poliziotti giorno e notte”.

L’apprezzamento del sindaco Gualtieri

“Profondo apprezzamento e piena condivisione per l’iniziativa del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, è stata espressa dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. ”È in discussione in Assemblea Capitolina una mozione a prima firma di Erica Battaglia con lo stesso obiettivo e auspico che anche alla luce di questo ampio consenso abbia un voto unanime’ – dichiara Gualtieri – ‘Il ricordo di uno degli uomini politici e intellettuali tra i più importanti del secolo scorso è necessario per tenere viva la memoria attorno a una figura che, con la sua vita e il suo pensiero ha influenzato in misura profonda la filosofia e la scienza politica contemporanee e ha fornito le basi teoriche e concettuali alla base dell’originalità del comunismo italiano e della funzione democratica e progressista che ha saputo assolvere nella vicenda storica dell’Italia repubblicana”.

Mollicone: “Scelta in linea con la nostra visione culturale di sintesi”

Il presidente della Commissione Cultura della Camera e responsabile nazionale Cultura e Innovazione di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone, ha definitivo ha apprezzato “l’impegno di Gennaro Sangiuliano per ricordare Antonio Gramsci con una targa alla casa di cura Quisisana a Roma dove morì. Da sempre sosteniamo la necessità di un percorso di sintesi nazionale nell’ambito culturale e Gramsci è stata una delle personalità più influenti sulla politica e sulla filosofia nel Novecento. Costruiremo un immaginario realmente comunitario”.

In occasione dell’ottantesimo anniversario della morte, nel 2017, la richiesta di una targa in ricordo di Gramsci alla clinica Quisisana fu avanzata a livello istituzionale dl Municipio II di Roma. Negli ultimi mesi la stessa sollecitazione è stata fatta dalla Fondazione Gramsci e direttamente dal Comune di Roma, con un intervento dell’assessore alla Cultura Miguel Gotor.

Il no dell’attuale proprietà della casa di cura “Quisisana”

Dopo il diniego dell’attuale proprietà della casa di cura, poche settimane fa è arrivato l’appello lanciato da un gruppo di studiosi – primo firmatario Fabio Fabbri, già docente di storia nelle Università di Salerno, alla Sapienza e a Roma Tre – e intellettuali che è stato appoggiato dal quotidiano “Il manifesto”, che ha anche avviato una raccolta di firme sul suo sito. Un appello che ora è stato raccolto e fatto proprio dal ministro Sangiuliano, pronto a intervenire direttamente per realizzare la targa commemorativa.

La storia dell’intellettuale di sinistra

La sera dell’8 settembre 1926 la polizia fascista fece irruzione nell’appartamento in cui Antonio Gramsci viveva in affitto in via Giovanni Battista Morgagni, nel quartiere romano del Nomentano. La proprietaria dell’immobile, Clara Passarge, assistette allibita al suo arresto, che avvenne in totale spregio dell’immunità parlamentare di cui godeva il segretario comunista. Gramsci viene condotto nel carcere di Regina Coeli, dove fu rinchiuso in una cella di isolamento per giorni; poi fu mandato al confino sull’isola di Ustica per cinque anni. Ma il suo soggiorno durò molto meno. Dopo 44 giorni, fu trasferito nel carcere milanese di San Vittore in attesa del procedimento penale. Il 28 maggio 1928 si aprì il primo grande processo politico del regime fascista davanti ai giudici del Tribunale speciale per la difesa dello Stato: era accusato di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato, incitamento all’odio di classe. Al termine del processo fu condannato a 20 anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione.

I “Quaderni dal carcere” di Trani

Rinchiuso nel carcere di Turi, in provincia di Bari, dove scrive i “Quaderni dal carcere”, Gramsci soffre della tubercolosi polmonare e di altri disturbi che lo affliggono da tempo. Nel novembre del 1933 venne trasferito nell’infermeria del carcere di Civitavecchia per finire un mese dopo in stato di detenzione nella clinica Cusumano di Formia. L’inadeguatezza delle cure ricevute, indussero Gramsci a chiedere un trasferimento, che poi avvenne il 24 agosto 1935 nella clinica romana Quisisana, dove le spese si impegnò a pagarle il Comintern. Qui venne visitato regolarmente dalla cognata russa Tania Schucht, sorella della moglie Giulia. Gramsci fu curato dall’illustre medico Cesare Frugoni, ma la sua salute non migliorava. Gramsci non abbandonò mai, neppure negli ultimi giorni di vita, la possibilità di essere estradato in Unione Sovietica per unirsi a Giulia e i figli (la bozza della richiesta di espatrio fu redatta dall’amico economista Piero Sraffa il 18 aprile 1937).

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