Il delirio del “senatore arabo” contro Delmastro per cancellare il ricordo del suo “Air Force Renzi”…
Di lui Berlusconi diceva che era bravo ma non aveva voti. Altri, parafrasando l’Al Capone di Robert De Niro, pensano che sia, “tutto chiacchiere e distintivo”. Eppure, il 2014 riuscì a far superare al Pd la barriera del 40% alle elezioni europee. Oggi Matteo Renzi, il più ricco dei nostri parlamentari grazie a floride consulenze con il mondo arabo ( dove i diritti civili di cui parla non sono proprio una priorità per usare un eufemismo) ha sparato ad alzo zero contro il governo Meloni perdendo quel senso della misura che gli ha fatto parlare di riformismo e di rifiuto delle logiche personali. Attacca Delmastro per la serata del 31 accusandolo di avere una falange come scorta (!), ripropone la solita solfa su Lollobrigida (dimenticando che il ministro ha fatto fermare un treno per poter essere presente a Caivano, dove la camorra ha prosperato fino a pochi mesi fa) e dimentica, come direbbe Faber, il suo “cattivo esempio “ nel tentativo di dare buoni consigli.
Ancora oggi abbiamo in dotazione ( altro che falange..) il “Renzi Force one”, l’inutile aereo presidenziale noleggiato per centinaia di milioni di euro dall’ex sindaco di Firenze quando era a Palazzo Chigi e non sappiamo che farcene.
Renzi, che in realtà è stato sempre il più tattico e non il più bravo, invoca coerenza e chiama alle armi tutto l’arco costituzionale: insieme al governo lancia la sfida a Schlein e Nardella con l’obiettivo dichiarato di far perdere Firenze al centrosinistra.
Sa di essere ben sotto la soglia del 4% alle europee, che segna lo sbarramento, e dimentica che la sua incoerenza fu sigillata dal referendum costituzionale perso nel 2016. Matteo aveva dichiarato urbi et orbi che in caso di sconfitta avrebbe lasciato la politica ma invece è ancora qui, oltre sette anni dopo, a presidiare la terra di nessuno del fantomatico centro. Il suo sogno mal celato, mentre dice sì al premierato, sarebbe quello di tornare a essere decisivo, con la sua piccola truppa, per l’ennesimo governo tecnico. Un’allucinazione ma anche il modo per sopravvivere. Quando prese il comando del Pd, dopo avere affossato Prodi al Quirinale, mise sostanzialmente subito in chiaro il suo anticomunismo. Oggi galleggia in un consenso impercettibile ma è in grado di dare buoni consigli, tra una conferenza a Riad e una a Dubai. Montanelli lo avrebbe definito, “un simpatico guitto “. Quello che, proprio come gli odiati comunisti, attacca per non essere attaccato. Solo parole al vento.