Il Cristo nudo e ammiccante di Siviglia fa discutere la Spagna. E’ bello, ma non ha nulla di sacro
L’immagine è quella di un giovane Cristo risorto, coronato da tre spighe, un corpo da modello appena coperto da un drappo bianco. Troneggia nel cartellone ufficiale della Settimana Santa di Siviglia (Andalusia). E’ opera del pittore Salustiano Garcia, che si è ispirato a suo figlio Horacio, “bello come gli angeli”.
Ma qualcosa non è piaciuto, qualcosa ha urtato la sensibilità dei cattolici (dei più avveduti, forse). Quel giovane bellissimo, hanno scritto i critici sui social, potrebbe andare bene per sponsorizzare un Pride. Più che essere sacro, dunque, è un Cristo ammiccante. Non vi sono dubbi. Ma la vera notizia non è il fatto che magari possa piacere al mondo Lgbt e per nulla a quello cattolico. Il senso di questa polemica è altrove: non si è più in grado di realizzare pittura sacra, immagini sacre. O figure che, incardinate in un secolare immaginario cristiano, sappiano restituire il senso di una spiritualità che si rinnova e non si estingue.
🟣 Se descubre el cartel de la Semana Santa de Sevilla 2024, obra de Salustiano García.@7TVSevilla | #LaPasionNoAcaba pic.twitter.com/MNUZnb1Vdq
— La Pasión (@LaPasion7TV) January 27, 2024
L’artista ha ben espresso questa condizione affermando: “Siamo nel 2024, il XXI secolo, è tempo di dare aria fresca alle tradizioni, sempre con rispetto”. Ma che vuol dire aria fresca? Fare di Gesù risorto un efebo sensuale anche a costo di togliere l’aureola al Figlio di Dio? le immagini di Gesù risorto sono innumerevoli, ma tutte rimandano a una certa luminosità. Ma la stessa iconografia cristologica ha subito nei secoli mutamenti fondamentali: si pensi alla maestà del Cristo bizantino che poi sarà trasformato, grazie al francescanesimo, nel Gesù sofferente e sanguinante. O ai dipinti sulla Resurrezione che non prescindono mai dall’elemento della luce e del cielo. Questo Cristo di Siviglia non ha nulla (volutamente) del Gesù tradizionale. E infatti non piace. Per rinnovare le tradizioni occorre muoversi nel solco della sacralità. Come fece il Santo d’Assisi. Fuori da questo perimetro c’è un vuoto caos trasgressivo che comunica solo nichilistica tristezza.