Davigo, il pg di Brescia: confermare la condanna (un anno e tre mesi) per rivelazione di segreto d’ufficio
Al processo d’appello per Piercamillo Davigo, ex componente del Csm ed ex magistrato simbolo del pool di Mani Pulite, condannato lo scorso 20 giugno a un anno e tre mesi (pena sospesa), il Pg ha chiesto la conferma della condanna. Per la difesa, gli avvocati Davide Steccanella e Francesco Borasi, la sentenza di condanna è “profondamente sbagliata e per questo meritevole di essere impugnata” perché Davigo – presente in aula – “non ha commesso nessun reato” e avrebbe agito nell’ambito delle sue funzioni.
Di diverso avviso i giudici del tribunale che hanno invece accolto la richiesta della pubblica accusa che aveva chiesto la condanna dell’ex magistrato per aver preso dalle mani del pm milanese Paolo Storari – assolto in via definitiva al termine del processo abbreviato – i verbali segreti di Piero Amara in cui l’ex avvocato esterno di Eni ha svelato l’esistenza della presunta associazione massonica, la cosiddetta Loggia Ungheria.
L’assoluzione del pm di Milano Paolo Storari dall’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio perché indotto da Piercamillo Davigo a consegnare i verbali secretati del caso Amara non ‘assolve’ l’ex consigliere del Csm “che ha preferito divulgare in colloqui privati gli atti di indagine milanesi” ritenuti dagli stessi ex colleghi dell’imputato “atti irricevibili” viste le modalità fuori dalle strade ‘ordinarie’.
Davigo va “oltre” i suoi poteri e “aumenta il pericolo di diffusione di un’indagine segreta”, le sue plurime rivelazioni hanno trasformato atti riservati nel “segreto di Pulcinella” e per questi motivi per il volto simbolo di Mani Pulite va “confermata” la condanna di primo grado. E’ la richiesta formulata dal pg di Brescia Enrico Ceravone.
Per il rappresentante della pubblica accusa la necessità di informare Davigo per ‘vincere’ la presunta inerzia della procura di Milano, è una “narrazione ingannevole” come dimostra l’archiviazione per omissione di atti d’ufficio dell’ex procuratore Francesco Greco e dell’aggiunto Laura Pedio, titolare con Paolo Storari dell’inchiesta sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’.
Se poteva esserci da parte di Davigo “l’intima convinzione della necessità di agire velocemente” di fronte al rischio che le rivelazioni di Amara potessero avere un ‘effetto’ sul Csm, tuttavia “c’è una gestione privata” con un “danno” per le indagini della procura di Milano. Per il pg, che ha ‘smontato’ i motivi d’appello della difesa, laddove si assolvesse Davigo si potrebbe andare verso un “futuro distopico dove ogni singolo pm potrebbe consegnare atti secretati al singolo consigliere Csm con il rischio di trasformare il Csm da organo di tutela a luogo di amplificazione di ogni notizia di reato”.