Tregua saltata sul nodo delle donne rapite che Hamas non ha ancora liberato: il sospetto degli Usa
Sulle recriminazioni in merito alla negoziazione sulla tregua saltata per violazione degli accordi, Israele e Hamas si sono lanciati accuse reciproche. Ma oggi sulla vexata quaestio è intervenuto il dipartimento di Stato americano, secondo il quale la responsabilità delle trattative saltate sarebbe da attribuire in toto ai miliziani palestinesi: alla loro paura che le donne tenute in ostaggio, una volta rilasciate possano parlare e rivelare quanto accaduto durante la prigionia.
Donne rapite da Hamas, ecco secondo gli Usa cosa c’è dietro la loro mancata liberazione
Del resto, alcuni particolari inquietanti sulla detenzione dei civili tenuti sotto sequestro, e le stesse condizioni psicologiche in cui verserebbero i rapiti che hanno appena fatto ritorno a casa, direbbero già abbastanza sull’orrore inflitto dai terroristi. dai primi racconti degli ostaggi liberati fin qui, affiorano infatti sprazzi di terrore e di violenza, inferta con spietatezza, indifferentemente su donne e bambini, con minacce di morte, aggressioni violente, maltrattamenti gratuiti, incertezze, squallore e tanta, paura. Continuamente.
Israele, Hamas drogò ostaggi prima di liberarli per farli apparire calmi e felici
Al loro rientro, tutti, grandi e piccini, sono apparsi dimagriti. Denutriti. Spaventati. E soprattutto, disorientati. Non a caso, oggi, il ministero della Sanità israeliano ha riferito al Comitato Sanitario della Knesset che agli ostaggi liberati da Hamas furono somministrati tranquillanti prima di essere consegnati alla Croce Rossa per il loro trasferimento in Israele. L’obiettivo sarebbe stato quello di far apparire gli ostaggi calmi, felici e ottimisti, dopo aver subito abusi fisici, privazioni e terrore psicologico per più di 50 giorni a Gaza.
La guerra psicologica e di propaganda targata Hamas sulla pelle degli ostaggi
Un trattamento crudele, fino alla fine, che fa temere il peggio soprattutto per le donne e in special modo per quelle ancora nelle mani dei carcerieri palestinesi. Ma per loro, al quadro dei maltrattamenti e delle privazioni, potrebbe aggiungersi anche l’aggravante degli abusi fisici reiterati. E il report reso noto nei giorni scorsi – basato sulle agghiaccianti testimonianze raccolte dalla polizia israeliana sulle violenze sessuali commesse dai miliziani palestinesi contro le donne d’Israele durante l’assalto dello scorso 7 ottobre – e divulgato dalle Forze di difesa israeliane (Idf) eleva all’ennesima potenza la possibilità che l’orrore sospettato possa manifestarsi e confermarsi concretamente al rientro delle prigioniere una volta rilasciate.
Il sospetto lanciato dal Dipartimento di Stato americano
Per questo, come riferisce Il Giornale in un esaustivo servizio sul tema, il dipartimento di Stato americano ha avanzato l’ipotesi che spiegherebbe la resistenza di Hamas a liberare gli ostaggi donne ancora nelle loro mani. Come ha confermato il portavoce Matthew Miller, sostenendo di non avere alcun dubbio sulle informazioni relative agli stupri commessi da Hamas. E asserendo che: «Il motivo per cui questa pausa umanitaria è fallita è che non vogliono che queste donne possano parlare di quello che è successo durante il loro periodo di prigionia».
Ecco perché i terroristi di Hamas non rilasciano le donne ancora sotto sequestro
E ancora: «La pausa umanitaria, che ha portato al rilascio di ostaggi, è stata negoziata in termini molto chiari e prevedeva che la liberazione di donne e bambini fosse prioritaria. Verso la fine della tregua, Hamas continuava a trattenere le donne di cui era prevista la liberazione. Hanno rotto l’accordo. Hanno inventato scuse non credibili per giustificarsi». Tutto per la paura che le prigioniere, una volta rilasciate, possano raccontare e denunciare.
Dietro il silenzio la paura di rappresaglie e ritorsioni di chi è ancora in ostaggio?
E le loro rivelazioni, va da sé, decreterebbero la sconfitta palestinese nella guerra psicologica e propagandistica combattuta sui media e sui social con video, dichiarazioni e strategie di comunicazione che finora hanno attecchito in buona parte dello scacchiere internazionale. Anche se, in pugno ai terroristi di Hamas c’è sempre l’arma della paura: quella esercitata sugli ostaggi durante la prigionia, ma anche quella che continuerebbe ad agire anche dopo il loro rilascio, sotto la minaccia di rappresaglie ritorsioni su chi ancora è prigioniero nell’inferno della striscia di Gaza.