Toni Negri, le responsabilità sull’involuzione dell’Italia. Definì l’11 settembre “azione spettacolare”
Ho conosciuto casualmente Toni Negri a Cosenza, laddove vive un altro grande protagonista dell’antagonismo anni Settanta, il fondatore di Potere Operaio, Franco Piperno, legato da profonda amicizia all’intellettuale veneto scomparso oggi. Toni Negri ha attraversato anni importanti e difficili del nostro Paese.
Raccontarli oggi acriticamente significherebbe perdere il senso di una contrapposizione forte allo Stato che, da Autonomia Operaia soprattutto, lievitò nelle coscienze pubbliche creando i presupposti degli anni di piombo.
Le grandi responsabilità di Toni Negri
Da un certo punto di vista sia Negri che Piperno hanno avuto grandi responsabilità connesse anche e soprattutto alle enormi capacità di lettura della realtà vissute, però, fuori dal recinto democratico. Un aspetto è rilevante di ciò che entrambi predicavano e che sembra essersi realizzato a metà: l’abbattimento dello Stato attraverso il processo di demeritocrazia. Per fare in modo che il potere imploda, diceva Negri, bisogna fare in modo che l’istruzione receda e che si formi una classe dirigente ignorante che poi non sappia gestire e governare i processi. Certo, sono parole di 50 anni fa, che però si nutrirono del “18 politico “ e fecero vedere i loro effetti sul finire degli anni Ottanta.
Negri era un marxista e tale è rimasto. Seppure la sua carriera “politica” sia partita in una concezione di proletariato era estremamente nichilista ed elitaria.
La sua morte, a prescindere dalle vicende personali e penali, richiama al fallimento di un’occasione di riforma politica e sociale agganciata sia all’opzione della lotta armata, sia agli intrecci oscuri di quegli anni che continuano a far discutere. L’Italia e la sua involuzione portano lo stigma di quei percorsi rivoluzionari. Se la profezia di Negri e Piperno si è avverata, con la decomposizione di un intero apparato, è mancata inevitabilmente la seconda parte.
Elogiò l’11 settembre come “azione spettacolare”
Negli ultimi anni, oltre ad elogiare l’11 settembre, come “azione spettacolare “, Negri aveva restituito l’analisi della crisi del capitalismo non risparmiando accuse sprezzanti sulla mediocrità della classe dirigente di sinistra. Era persino arrivato a riabilitare Berlusconi. Più che un rivoluzionario o un cattivo maestro, Toni Negri è stato un rappresentante di primo piano di generazioni che di fondo hanno mantenuto la propria identità borghese. Graziati dalla dottrina Mitterrand, beneficati da una classe pensante minoritaria che però ha raggiunto le vette realizzando in parte il pensiero gramsciano.
Ha avuto un trattamento migliore di quanto fosse dovuto
Il totem antifascista, l’idea che fossero,”compagni che sbagliano “ ha riservato loro tutto sommato un trattamento migliore di quanto fosse dovuto.
Toni Negri è stato certamente un intellettuale ma soprattutto un leninista. Ha preservato la sua vita chiudendola senza grandi problemi ma lasciando il ricordo di un’idea della rivoluzione affidata agli altri. Che sono morti sulle strade o in carcere e non a 90 anni, serenamente, a Parigi.
Mario Campanella