Prodi difende il Mes ma la sua credibilità è irrimediabilmente intaccata da tre scheletri nell’armadio

22 Dic 2023 15:39 - di Mario Campanella

Nessuno potrebbe mai dire in tutta coscienza che Romano Prodi possa essere antipatico. Sarà per quell’aria eternamente bonaria e padana che richiama ai tortellini e per quel modo di vivere sobrio che comunque è sempre stato apprezzabile. Eppure, il professore due volte Presidente del Consiglio e Presidente della Commissione Europea, arrivato a un gradino dal Quirinale, corbellerie ne ha combinate.

Basterebbe citarne tre. La prima, la più misteriosa, è la famosa seduta spiritica convocata da un gruppo di amici per chiedere ai defunti dove fosse Aldo Moro. E ancora nessuno ci ha spiegato, in epoca di abbondante secolarizzazione, quale morto avesse dato la risposta giusta, perché il nome Gradoli uscì dal tavolino solo che invece di andare a via Gradoli, dove stava il presidente della Dc, andarono in un paesino dallo stesso nome. C’era qualcuno insieme al nostro statista che sapeva la verità? Domande a cui Prodi non diede mai risposta.

Il secondo scheletro è il regalo fatto a Carlo De Benedetti, che aveva rapporti fecondi con De Mita, della SME, da Presidente Iri. Solo la presenza di Bettino Craxi impedì quella svendita alla Buitoni ad un valore assai minore di quello reale. E anche su questo, Prodi non ha mai dato risposte. Il terzo scheletro è la profezia sull’euro , che “ci avrebbe consentito di lavorare un giorno di meno”. Presa alla lettera quella frase potrebbe avere un senso, giacche l’impatto della moneta unica sul continente ha portato realmente tanta gente a dover lavorare di meno o a non lavorare più.

Che l’Italia senza memoria di Montanelli abbia elevato a statista un signore che faceva sedute spiritiche e tentava di svendere il patrimonio pubblico la dice lunga sulle tante macchie che il nostro Paese si porta dietro. Riccardo Misasi, gran visir di Piazza del Gesù, accusava Craxi, “di conoscere l’economia così come il sanscrito antico”. Su Prodi che oggi difende il Mes si potrebbe dire la stessa cosa. Eppure è simpatico e magari continua a scrutare gli Dèi. E chissà che un giorno non ci dica quale dito scrisse Gradoli nel 1978, in quell’Italia drammatica e piangente.

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