Linguaggio, cultura e ideologia: la Treccani sceglie “femminicidio” come parola dell’anno 2023
La Treccani sceglie “femminicidio” come parola dell’anno 2023 nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono. Un’operazione volta a promuovere un uso corretto e consapevole della lingua da parte dell’Istituto della Enciclopedia Italiana.
Treccani: femminicidio è la parola dell’anno
Una scelta non casuale nell’anno terribile segnato da tanti omicidi di donne assassinate, con l’Italia commossa dalla tragedia di Giulia Cecchettin. Nel vocabolario della lingua italiana il “femminicidio” è definito “uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica di una donna in quanto tale. Espressione di una cultura plurisecolare maschilista e patriarcale. Che, penetrata nel senso comune anche attraverso la lingua, ha impresso sulla concezione della donna il marchio di una presunta, e sempre infondata, inferiorità e subordinazione rispetto all’uomo”.
Obiettivo: riflettori sulla violenza di genere
La scelta di “femminicidio”, sottolinea la Treccani in un comunicato, “evidenzia l’urgenza di porre l’attenzione sul fenomeno della violenza di genere. Per stimolare la riflessione e promuovere un dibattito costruttivo intorno a un tema che è prima di tutto culturale. Un’operazione pensata non solo per comprendere il mondo e la società che ci circondano. Ma anche per contribuire a responsabilizzare e sensibilizzare ulteriormente lettori e lettrici su una tematica che inevitabilmente si è posizionata al centro dell’attualità”.
La rilevanza socio-culturale del vocabolo
Come Osservatorio della lingua italiana, spiega Valeria Della Valle, direttrice scientifica, insieme a Giuseppe Patota, del Vocabolario Treccani “non ci occupiamo della ricorrenza e della frequenza d’uso della parola ‘femminicidio’ in termini quantitativi. Ma della sua rilevanza dal punto di vista socioculturale. Quanto è presente nell’uso comune, in che misura ricorre nella stampa e nella saggistica? Purtroppo, nel 2023 la sua presenza si è fatta più rilevante, fino a configurarsi come una sorta di campanello d’allarme che segnala, sul piano linguistico, l’intensità della discriminazione di genere”.
Il termine femminicidio nasce nel 2001
Il termine – aggiunge Della Valle – ha fatto la sua comparsa nella nostra lingua nel 2001 (e fu registrata nei Neologismi Treccani del 2008). Da allora si è esteso a macchia d’olio quanto il crimine che ne è il referente”. Il termine ha cominciato ad avere una certa diffusione soprattutto a partire dal 2008. Anche grazie al libro di Barbara Spinelli intitolato appunto “Femminicidio”. Si tratta di una parola non indigena, spiega la Treccani. È un calco dell’inglese “feminicide”, da confrontare con lo spagnolo “feminicidio”, coniato dalla criminologa Diana Russel in un suo saggio. Poi ripresa dall’antropologa messicana Marcela Lagarde in un suo scritto del 1993 per indicare i numerosissimi omicidi di donne ai confini tra Messico e Stati Uniti.