Il delitto di Perugia, la Knox: combatto per riabilitare il mio nome, non ho paura di tornare in Italia

21 Dic 2023 12:18 - di Redazione

Amanda Knox, la ragazza statunitense, oggi 36enne, che nel 2007 finì in carcere in Italia insieme al suo allora fidanzato, Raffaele Sollecito e poi venne assolta per l’omicidio di Meredith Kercher, la propria compagna di stanza trovata morta a Perugia, torna a farsi sentire sui Social sostenendo che 16 anni dopo il delitto sta ancora “combattendo per riabilitare” il suo nome mentre Rudy Guede, condannato per il crimine è “libero dal carcere” e continua a lanciare accuse riguardo al suo coinvolgimento nel grave fatto di sangue.

Nonostante i procedimenti legali tuttora in corso, la Knox ha detto di essere “eccitata” alla prospettiva di ottenere giustizia “una volta per tutte”.

Con una serie di post via Social, la Knox ha aggiunto che non ha “paura di tornare in Italia e di prendere posizione”, difendendosi dalle accuse.

Anche se non era disposta a farlo oltre dieci anni fa, “tutti questi anni dopo, finalmente lo sono”, ha scritto Knox: “voglio che mia figlia e mio figlio vedano cosa vuol dire difendere la verità e i propri principi”, scrive.

Knox aveva solo 20 anni quando lei e il suo fidanzato dell’epoca, Raffaele Sollecito, furono accusati di aver ucciso Meredith Kercher durante un soggiorno di studio all’estero, nella città di Perugia.

Il 7 novembre 2007, la Kercher venne stata trovata nuda sotto una coperta con la gola tagliata, sul pavimento della camera da letto che condivideva con la Knox nei dormitori della Hilltop University.

Le indagini si orientarono quasi immediatamente sulla Knox e sul suo fidanzato italiano, sospettati della vicenda che, rapidamente, attirò i titoli dei giornali internazionali, molti dei quali utilizzarono ad ampie mani il soprannome di “Foxy Knoxy”, “la volpe Knox”.

Vi furono due condanne e due ricorsi prima che, nel 2015, la coppia venisse infine assolta dall’omicidio: la Knox aveva trascorso quattro anni in carcere.

Tuttavia la Corte, all’epoca, confermò la sua condanna del 2011 per aver diffamato Patrick Lumumba, il proprietario, congolese, di un bar che secondo lei era coinvolto nell’omicidio della Kercher e che è rimasto dietro le sbarre per due settimane, prima che qualcuno confermasse il suo alibi.

La Knox era stata condannata a tre anni, già scontati, ma ha presentato ricorso in appello nel 2019.

Il suo team legale ha citato specificamente una sentenza del 2019 della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha concluso che i suoi diritti ad avere un avvocato e a un interprete erano stati violati durante i primi interrogatori con le autorità italiane.

Nell’ottobre scorso, un tribunale italiano ha accettato di concedere alla Knox un nuovo processo.

Rudy Guede, un immigrato della Costa d’Avorio, è stato giudicato colpevole, durante un processo separato, e condannato nel 2008 a 16 anni dietro le sbarre per l’omicidio della Kercker.

Nel dicembre 2020, un tribunale italiano ha stabilito che Guede avrebbe potuto completare il suo mandato fuori dal carcere, ai servizi sociali ed è stato dunque rilasciato nel novembre dell’anno successivo.

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