Hamas respinge il piano di pace egiziano, il leader palestinese Sinwar: non ci arrenderemo. La proposta in tre fasi
Niente accordo di pace nella guerra tra Israele e Palestina: Hamas e Jihad hanno rifiutato la proposta egiziana di cessate il fuoco. E ora, il gabinetto di guerra israeliano si riunirà stasera per discutere comunque la proposta egiziana che punta a far liberare altri ostaggi trattenuti dai terroristi a Gaza. Lo riferiscono i media ebraici, come riporta il Times of Israel dando conto sul piano egiziano, che sarebbe stato rifiutato dai miliziani palestinesi e dalla Jihad islamica, che prevede la fine delle ostilità a Gaza. Una proposta che prevedrebbe che Hamas rinunci al controllo della Striscia in cambio di un cessate il fuoco permanente e del rilascio di tutti gli ostaggi rimanenti, in tre fasi.
Gabinetto di guerra israeliano convocato per discutere proposta egiziana rifiutata da Hamas
La prima fase del piano egiziano prescrive la sospensione dei combattimenti per due settimane, un periodo che può essere esteso a tre o quattro settimane, in cambio del rilascio di 40 ostaggi: donne, minori e uomini anziani, soprattutto malati. In cambio, Israele rilascerebbe 120 detenuti di sicurezza palestinesi. Durante questo periodo, le ostilità si fermerebbero. I carri armati israeliani si ritirerebbero. E gli aiuti umanitari entrerebbero a Gaza.
Il piano egiziano: una proposta in tre fasi
La seconda fase vedrebbe un «discorso nazionale palestinese» sponsorizzato dall’Egitto, volto a porre fine alla divisione tra le fazioni palestinesi – principalmente l’Autorità Palestinese dominata dal partito Fatah e Hamas – e portare alla formazione di un governo in Cisgiordania e a Gaza che supervisionerebbe la ricostruzione della Striscia e aprirebbe la strada alle elezioni parlamentari e presidenziali palestinesi.
Il cessate il fuoco globale, il rilascio dei restanti ostaggi israeliani
La terza fase, infine, includerebbe un cessate il fuoco globale. Il rilascio dei restanti ostaggi israeliani, compresi i soldati, in cambio di un numero da determinare di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane affiliati ad Hamas e alla Jihad islamica – compresi quelli arrestati dopo il 7 ottobre. E alcuni condannati per gravi reati terroristici –. In questa fase, Israele ritirerebbe le sue forze dalle città della Striscia di Gaza e consentirebbe agli sfollati di Gaza dal nord dell’enclave di tornare alle loro case.
Il primo messaggio pubblico di Sinwar: «Hamas non si arrenderà»
Intanto, però, da entrambe le fazioni in guerra, continuano ad arrivare parole di guerra che offuscano il quadro di una possibilità di accordo a breve. Dal fronte palestinese, piomba come un macigno il primo messaggio pubblico dai massacri del 7 ottobre da parte del leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar. L’organizzazione terroristica sta affrontando una «battaglia feroce, violenta e senza precedenti» contro Israele, sono state le parole di Sinwar riportate dal Times of Israel. Non solo. Riferendosi a Israele, il leader di Hamas ha rilanciato, esortando a proseguire con i combattimenti perché «Hamas non si arrenderà. E non si sottometterà alle “condizioni dell’occupazione”». Sinwar ha anche aggiunto che le Brigate al-Qassam, l’ala militare di Hamas, hanno ucciso 1.500 soldati israeliani. Mentre il bilancio ufficiale fa registrare al momento 156 militari israeliani morti dall’inizio delle operazioni a Gaza.
Netanyahu incontra le truppe a Gaza: «Sarà una battaglia lunga»
A sua volta, il premier israeliano Benjamin Netanyahu – sempre secondo quanto riporta il Times of Israel – ha replicato a proposte e dichiarazioni, asserendo: «Non ci fermiamo. Continuiamo a combattere. E intensificheremo i combattimenti nei prossimi giorni. Sarà una battaglia lunga e non è vicina alla fine. Abbiamo bisogno di pazienza. Unità, e di attenerci alla nostra missione», ha ribadito Netanyahu dopo essere entrato nell’enclave palestinese per una rara visita in zona di guerra. Il premier è intervenuto durante una riunione del Likud, riferendo di aver incontrato una brigata di riservisti a Gaza. «Tutti mi hanno chiesto solo una cosa: di non fermarci e continuare fino alla fine (di Hamas)», ha affermato.
Netanyahu incontra le truppe a Gaza e conferma: «Sarà una battaglia lunga»
Netanyahu, che ha confermato di essere «appena tornato da Gaza», ha reso noto di aver «incontrato una divisione di riservisti sul campo – riferisce anche il Jerusalem Post –. Sui giornali e negli studi televisivi è stato detto che ci saremmo fermati. Si è anche detto che ci saremmo fermati dopo il primo accordo sugli ostaggi, e noi siamo andati avanti. Non ci fermiamo», ha rimarcato il primo ministro israeliano, insistendo sulle operazioni nella Striscia di Gaza, che nel 2007 finì sotto il controllo di Hamas responsabile dell’attacco del 7 ottobre in Israele.
L’appello del Papa per la liberazione degli ostaggi
Intanto, mentre i duellanti in campo rilanciano accuse e piani di guerra, per il messaggio di Natale il Papa ha rivolto un pensiero a «Israele e Palestina, dove la guerra scuote la vita di quelle popolazioni. Le abbraccio tutte. In particolare le comunità cristiane di Gaza e dell’intera Terra Santa. Porto nel cuore il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre scorso. E rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio – ha detto il Pontefice in Piazza San Pietro –. Supplico che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti. E che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti».
La supplica finale perché «cessino le operazioni militari»
E ancora. «Non si continui ad alimentare violenza e odio – è stato l’appello del Santo Padre –. Ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le parti. Un dialogo, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale», ha sollecitato il Pontefice, le cui parole di pace sono andate ad aggiungersi alla proposta egiziana, al momento tutta da discutere e, stando agli annunci arrivati dalle parti in guerra, di difficile attuazione…