Dimartedì, Bocchino ricorda alla “filosofa” che Abascal viene dal Ppe e Floris gli toglie l’audio
Scontro a Dimartedì tra la filosofa Donatella Di Cesare, che quando va alle serate di La7 parla con il metaforico megafono della perfetta estremista di sinistra, e Italo Bocchino, direttore editoriale del Secolo. Argomento: Santiago Abascal, leader di Vox, che sarà presente domenica alla festa di Atreju. Vox, alle ultime elezioni politiche in Spagna, ha preso il 12,4 per cento e ottenuto 33 seggi (perdendo però rispetto alla percentuale del 2019 che era del 15,09 con 52 seggi).
Secondo Donatella Di Cesare Abascal è un pericoloso post-franchista, un nostalgico che non dovrebbe mettere piede in Italia: “Noi non lo vogliamo”, ha urlato a favor di telecamera. Una mezza crisi isterica (che in questo caso sostituiva quella consueta di Elisabetta Piccolotti, ospite fissa di Floris) cui Italo Bocchino ha replicato facendo presente che Abascal proviene dal partito popolare spagnolo, che prende voti in elezioni democratiche, e che “se si candida lei contro Abascal non credo che vinca”. La professoressa ha continuato ad agitare il dito accusatore, incapace di replicare. E Floris, per soccorrerla, ha fatto abbassare l’audio a Italo Bocchino.
In Spagna intanto Pedro Sanchez è da settimane al centro di burrascose polemiche dopo aver ottenuto il 16 novembre la fiducia del Parlamento. Un obiettivo raggiunto concedendo un’amnistia agli indipendentisti catalani in cambio del loro sostegno. “La cattiva notizia per Sanchez è che questo non funzionerà bene per lui, né sarà gratuito”, ha detto il leader popolare Alberto Nunez Feijoo. A suo avviso infatti l’Unione europea sarà “fondamentale” per fermare la legge di amnistia concordata dal Partito socialista operaio spagnolo (Psoe) con le formazioni indipendentiste catalane.