“Soldato e frate, un santo per la pacificazione”: l’omaggio a padre Chiti a 19 anni dalla morte (video)
Testimonianze, ricordi, episodi inediti per tratteggiare, a 19 anni dalla morte, il profilo di padre Gianfranco Maria Chiti, generale dei Granatieri di Sardegna e frate cappuccino. Figura straordinaria di patriota e uomo di fede. “Soldato e frate, un santo per la pacificazione” è il titolo evocativo del convegno che si è svolto a Roma presso la Casa per ferie dei Cappuccini. Tanti i relatori che si sono alternati al microfono davanti a una sala gremita per l’evento promosso dall‘Associazione Identità e Confronti presieduta da Giancarlo Elena. Instancabile organizzatrice l’ingegnere Adriana Elena.
Padre Chiti, un santo per la pacificazione
Gianfranco Maria Chiti è stato un gigante non solo fisicamente: questo il fil rouge che unisce gli interventi su un uomo che fin dalla gioventù è stato un esempio vivente di bontà e altruismo. Dimostrato sui campi di battaglia (divenne soldato dall’età di 15 anni), nel campo di prigionia di Coltano ( lo stesso in cui Ezra Pound fu rinchiuso per settimane in quella gabbia che il poeta definì “del gorilla”) e nella sua esperienza di fede tanto che la Santa Sede ha autorizzato l’apertura della causa di beatificazione e canonizzazione. “Ho sempre amato il Signore, anche se ne ho combinate tante nella vita, ma con un mano facevo quello che mi pareva e con l’altra rimanevo, da vigliacco, attaccato a Lui”, disse qualche anno prima della morte.
Convegno a Roma a 19 anni dalla morte
Generale dei Granatieri di Sardegna, Gianfranco Maria Chiti è nato a Gignese (Verbania) il 6 maggio 1921 ed è morto, all’ospedale militare del Celio, il 20 novembre 2004. A soli 15 anni iniziò la carriera militare frequentando il liceo nella Scuola Militare di Roma. Fu sempre animato da sentimenti di amore patrio e fedeltà ai valori spirituali. Alla vigilia degli esami di maturità fece il voto alla Madonna di trascorrere i mesi estivi al servizio dei poveri, se fosse stato promosso. Come avvenne. Dal 1941 al 1943 combatté sui fronti croato, greco e russo. Durante la campagna di Russia venne ferito e subì il congelamento di entrambi gli arti inferiori. Tornato fortunosamente in Italia, dopo l’8 settembre, aderì alla Repubblica sociale italiana.
Il salvataggio dell’ebreo Giulio Segre
Anche in questa stagione difficile, il futuro frate cappuccino si adoperò a salvare persone mettendo a rischio la sua stessa vita. Tra gli atti di eroismo (anche se lui non li avrebbe chiamati così) il salvataggio dell’ebreo Giulio Segre dai nazisti. Un episodio che lo stesso padre del ragazzo, Giuseppe Segre, racconta con riconoscenza e ammirazione. “Il tenente Chiti Gianfranco, comandante la Compagnia Granatieri al tempo della Rsi, riuscì a salvare Giulio prendendolo sotto la sua protezione pur sapendo che era di razza ebraica, anzi considerando questo suo gesto come cosa naturale senza curarsi delle difficoltà ed opposizioni dei suoi superiori”. Gianfranco Maria Chiti era fatto così: uomo d’onore, incline al dialogo e alla pace, allergico alla logica feroce della rappresaglia.
L’Rsi, la prigionia e il saio francescano
Una vita intensa – dormiva due, tre ore a notte – condotta a perdifiato senza mai tirarsi indietro. Dopo la prigionia nel campo di concentramento in Toscana, fu processato per la sua appartenenza alla Rsi. Quindi proseguì la sua carriera militare fino la grado di Generale di Brigata. Nel maggio 1978 indossa il saio di frate cappuccino trasferendo il suo servizio alla patria nell’esercito repubblicano al servizio di Dio secondo la regola di San Francesco d’Assisi. Disse di volersi offrire a Dio, nostro buon Padre, “come una scodella di minestra per i poveri”. Ma la vocazione (con la straordinaria ristrutturazione del convento di San Crispino, ridotto in macerie, nei pressi di Orvieto) non inaugura una seconda vita. In Gianfranco Chiti il soldato e il frate convivono da sempre.
Esempio vivente di bontà e pacificazione nazionale
Lo ricordano con toni diversi tutti i relatori del convegno. Da Padre Rinaldo Cordovani, professore, scrittore, studioso di padre Chiti e incaricato dell’Archivio dei Cappuccini, al cappellano militare Pier Luca Bancale. Dallo storico Roberto de Mattei ai generali Michele Corrado e Nicola Canarile. Chiude l’incontro il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, che conobbe personalmente padre Chiti che officiò il suo matrimonio. Accanto alla testimonianza personale, porta l’auspicio e l’impegno della politica a farsi protagonista di un’opera di “sincera pacificazione nazionale e superamento degli steccati ideologici nel nome del generale e servo di Dio, Gianfranco Chiti”. Toccante la testimonianza di Claudio Coen Belinfanti, figlio di Mario, commilitone e amico fraterno di Chiti, scomparso poche settimane fa. Claudio ricorda l’impegno, ignorato e trascurato dalle istituzioni, del papà nel nome di una pacificazione tra fascisti e partigiani, “certamente” ispirato da padre Chiti.