La portavoce dei Verdi sbatte la porta: non faccio la marionetta del pinkwashing. Bonelli in grande imbarazzo
La co-portavoce dei Verdi Eleonora Evi rimette il mandato e lo fa in modo rumoroso e polemico. “Non intendo continuare a ricoprire il ruolo di Co-portavoce femminile che, nei fatti, è ridotto a mera carica di facciata. Mi dimetto. Non sarò la marionetta del #pinkwashing”. Parole durissime quelle della co-portavoce nazionale di Europa Verde e affidate ai social. Corredate dall’accusa ai Verdi di essere un partito personale e patriarcale.
Evi: “I vecchi dirigenti hanno fatto muro contro di me”
“A sorpresa, dopo le politiche 2022 qualcosa ha scatenato un corto circuito quasi indecifrabile. I Verdi dopo una lunga assenza, tornano in Parlamento con una senatrice e sei tra deputate e deputati. Tra questi ultimi anche la sottoscritta. Improvvisamente i vecchi dirigenti hanno iniziato a fare muro contro di me, e questo perché avevo idee diverse e pretendevo, da Co-portavoce nazionale, di essere a conoscenza, ad esempio, delle decisioni politiche sulle liste, sulle alleanze e sulle strategie della campagna elettorale”.
Bonelli: da lei accuse pesanti e false
Evi però non le manda a dire: “Quando ho espresso posizioni o visioni non allineate a quelle della dirigenza durante le riunioni della Direzione Nazionale e pubblicamente, sono stata accusata di ingratitudine nei confronti della “famiglia verde” che mi aveva accolta e offerto uno scranno in Parlamento”.
Dall’ex portavoce un altro duro colpo alla credibilità dei Verdi
La portavoce dimissionaria affonda i colpi: “Poco importerebbe lo scavalcamento sistematico della mia figura se questo non fosse il segno e solo uno tra le numerose espressioni sintomatiche della deriva autoritaria e autarchica del partito, come accaduto quando il Consiglio Federale Nazionale, organo per Statuto dotato di poteri di indirizzo politico, è stato chiamato di fatto a ratificare scelte già prese in altre sedi e annunciate a mezzo stampa”.
Un altro duro colpo alla credibilità di Bonelli, già uscito malconcio dalla vicenda Soumahoro. E più in generale l’ennesima riprova che a sinistra la debordante retorica sulle donne e i loro diritti e sulla parità di genere si scontra puntualmente con la realtà di esponenti politiche poco valorizzate o boicottate.