Revenge porn in rosa: 5 mesi a una 50enne di Torino per aver diffuso i video hard del compagno

21 Ott 2023 15:07 - di Luisa Perri

Un reato nato per tutelare principalmente le donne, quella sul revenge porn, stavolta ha colpito una cinquantenne di Torino. La donna, secondo quanto riporta l’edizione locale di Repubblica, ha inviato dei video del compagno mentre faceva sesso con un’altra donna ad alcuni conoscenti, a “scopo scherzoso”. Il risultato? Una condanna a cinque mesi e cinque giorni, nel processo che si è svolto con rito abbreviato.

Il revenge porn a parti invertite

«Non eravamo fidanzati. Lui era un amico, che frequentavo. Ma non c’era ancora una relazione stabile. Lui mi era stato presentato da alcuni amici in comune. Uscivo con lui per conoscerlo e perché era nata un’amicizia. Speravo che fosse una persona perbene. Anche se sapevo che spesso beveva molto e questa cosa non mi faceva stare tranquilla», ha detto l’imputata. La quale ha assicurato di aver inviato il video dell’amplesso del compagno  «a pochissime persone di cui mi fido molto».

La tesi della cinquantenne torinese: ho inviato il video hard a poche persone fidate

Tuttavia, la tesi dell’accusa (pm Lea Lamonaca) è che, al di là della motivazione (una sorta di” goliardata”) quei filmati erano destinati a rimanere privati. E l’indagata avrebbe commesso il fatto con “l’aggravante di essere legata alla parte offesa”, l’uomo che l’ha denunciata, da una relazione affettiva. Tuttavia la signora torinese, difesa dall’avvocata Alice Abena, ha spiegato una realtà diversa. Una sera per caso ha scoperto i video del compagno mentre faceva sesso con un’altra donma. « Quando li ho visti li ho mandati a pochissime persone di cui mi fido molto, perché avevo paura che lui avesse fatto la stessa cosa con me. Mi aveva colpito il fatto che quella povera donna ripresa nel video non era consenziente ad essere ripresa. Sembrava svenuta o comunque dormiva profondamente».

In effetti, la Procura di Torino ha cercato per settimane di scoprire dove fosse l’amante, ripresa a sua insaputa mentre aveva gli occhi chiusi, ma non è stato possibile. La signora è stata identificata, ma non è stata trovata. Così l’uomo, che avrebbe potuto a quel punto finire a sua volta indagato, è rimasto parte offesa in questo processo e non è stato coinvolto in una seconda indagine.

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