Negozi cinesi usati per il riciclaggio di 50 milioni del narcotraffico: 33 arresti in tutta Italia
La Guardia di Finanza ha scoperto un complicato sistema di riciclaggio di denaro frutto del traffico di droga, che avveniva all’interno di negozi cinesi di vestiti e di moda nel quartiere Esquilino di Roma, per poi essere trasferito in Cina. Le Fiamme gialle del Comando Provinciale di Roma hanno eseguito 33 arresti nelle province di Roma, L’Aquila, Reggio Calabria, Napoli, Perugia, Ancona e Campobasso.
Al vertie dell’organizzazione un 55enne cinese
Le indagini hanno consentito di individuare Z. W. K., di 55 anni, come il capo dell’organizzazione dedita al riciclaggio nonché di essere il promotore del sodalizio: composto da numerosi individui, legati tra loro anche da vincoli di parentela, tutti incaricati di curare le varie fasi di raccolta e trasferimento illegale di valuta verso l’estero. Nel complesso, sono state tracciate movimentazioni finanziarie per oltre 50 milioni di euro, dirette dal territorio nazionale verso la Repubblica Popolare Cinese.
Le 33 persone devono rispondere dell’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e al riciclaggio, nonche’ di estorsione, autoriciclaggio e detenzione abusiva di armi.
Le attività di ”ripulitura” del denaro avvenivano presso le sedi di attività commerciali dedite all’import-export di abbigliamento e accessori di moda, tutte gestite da due comunità familiari cinesi nel quartiere Esquilino della Capitale. Tali esercizi, esistenti solo formalmente, fungevano in realtà da ”centri di raccolta” del denaro di provenienza illecita destinato a essere trasferito all’estero (prevalentemente in Cina) in maniera anonima e non tracciabile. Tale illegale intermediazione finanziaria, basata su puntualità, discrezionalità e sicurezza, garantita dalle performance dei soggetti cinesi coinvolti, si fondava sul c.d. metodo ”Fei Ch’ien” (letteralmente ”denaro volante”), consistente nel virtuale trasferimento del denaro all’estero.
Il denaro del narcotraffico riciclato dai negozi d’abbigliamento cinesi
Nei fatti, il denaro depositato presso il broker cinese non lasciava fisicamente il Paese di partenza, venendone invece trasferito il solo ”valore nominale” alla controparte/broker presente nel Paese estero. La successiva compensazione poteva avvenire con modalità diverse quali, tra le altre, il ricorso a corrieri di valuta, bonifici ”diretti” di importo frazionato (al fine di aggirare i vincoli antiriciclaggio) ovvero a mezzo di trasferimenti di denaro sulla base di operazioni commerciali fittizie. In sintesi, queste le fasi del modus operandi adottato: – raccolta in contanti del denaro provento del narcotraffico presso una attività commerciale cinese di copertura; – attribuzione di un codice convenzionale concordato tra le parti in occasione del versamento e conteggio del denaro; – nella fase precedente all’emergenza sanitaria da Covid-19, il trasferimento all’estero di quanto versato in Italia – stornato della commissione riscossa per il servizio di riciclaggio – avveniva a mezzo dei cc.dd. spalloni; – nella fase post-pandemica, la regolazione finanziaria si realizzava mediante pagamenti di fittizi documenti fiscali o triangolazioni tra operatori cinesi in più Stati/Regioni ovvero attraverso il ricorso alla compensazione finanziaria a opera di un broker ”Fei Ch’ien”.