L’Italia finalmente fa passi avanti sulla tutela della proprietà. Ai soloni di sinistra dispiacerà…

12 Ott 2023 15:47 - di Jacopo Ugolini

Belle notizie sul fronte della tutela del diritto di proprietà. Il nostro Paese di certo non brilla su questo fronte, però dobbiamo riconoscere che abbiamo compiuto dei passi in avanti. Ai soloni di sinistra dispiacerà, ma è merito anche di questo governo se l’edizione di quest’anno dell’Indice Internazionale dei Diritti di Proprietà, pubblicato dalla Property Rights Alliance (PRA), sorride al nostro Paese.

Facciamo un passo indietro. La Property Rights Alliance è un think tank statunitense impegnato da sempre nella difesa dei diritti di proprietà intellettuale e fisica. Si, cari lettori, starete pensando che c’è un gran bisogno in Italia di parlare di questi temi. Ogni giorno sentiamo di casi in cui i diritti di proprietà sono calpestati, e nessuno dice mai nulla. Anzi, qualche voce liberale che protesta c’è, ma spesso passa per matto o fuori luogo. Ma sono i dati che certificano, ahinoi, che il nostro paese è chiamato a migliorarsi. Nonostante ciò, quest’anno l’indice pubblicato dalla PRA ci assegna il trentacinquesimo posto. Miglioriamo, quindi, rispetto al passato: nel 2015 eravamo addirittura cinquantesimi, mentre l’anno scorso quarantaseiesimi.

La classifica annuale del rapporti di Property Rights Alliance

Lorenzo Montanari, il Direttore esecutivo della Property Rights Alliance, ha presentato lo scorso settembre, a Stoccolma, la classifica annuale, sottolineando che quest’anno i dati evidenziano che “l’Italia praticamente migliora in tutte le sezioni dell’Indice: dalla lotta alla corruzione allo stato di diritto fino alla difesa della proprietà intellettuale”. Le più recenti guerre tra democrazie e autoritarismi – come il caso dell’invasione russa in territorio ucraino o le violenze perpetrate da Hamas nei confronti di Israele – pongono sempre in pericolo i diritti di proprietà, che costituiscono la vera differenza tra chi è liberale e chi liberale non è.

L’IPRI (International Property Rights Index) considera 125 paesi, che costituiscono il 93,4% della popolazione mondiale e il 97,5% del PIL globale. Di certo non siamo tra i paesi che performano meglio – come indicano i dati sopra citati – ma non è di certo una novità. I paesi che guidano la classifica sono Finlandia, Singapore, Nuova Zelanda, Norvegia, Lussemburgo… mentre chiudono la classifica la Repubblica democratica del Congo, lo Yemen e, infine, il Venezuela. A livello globale, però, la situazione è molto negativa: l’83,3% della popolazione mondiale vive in 81 Paesi con un IPRI compreso tra 2,9 e 5,7. Non possiamo, quindi, di certo sorridere per uno scarso +0,37% del punteggio medio globale rispetto all’edizione dell’anno scorso. È solamente la sezione dei diritti di proprietà intellettuale a migliorare, con un aumento del 2% rispetto allo scorso anno.

L’Italia, quindi, “sta prendendo la direzione giusta, ossia quella di diventare un hub dell’innovazione, tanto europea quanto internazionale”, ha aggiunto Montanari, “anche grazie all’assegnazione della sede di Milano del Tribunale Unificato dei Brevetti”. La tutela del diritto di proprietà, diritto sacro e inviolabile, dev’essere il pilastro di ciascuna liberaldemocrazia, ancor prima di ciascun Stato, perché, come diceva Friedrich von Hayek, “il diritto di proprietà è il più importante baluardo della libertà”, quindi – aggiungiamo noi – dei paesi liberi.

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