È morto Burt Young, indimenticabile cognato di “Rocky”. Un duro stropicciato tra set e ring: gli amori di una vita (video)

19 Ott 2023 11:01 - di Giulia Melodia
Burt Young

Se n’è andato anche lui: Burt Young, caratterista di razza e volto da duro del grande schermo, è morto a Los Angeles l’8 ottobre all’età di 83 anni. Ma la notizia, ufficializzata oggi dal New York Times, trapela da oltreoceano in queste ore, dopo la conferma della figlia dell’attore Anne Morea Steingieser. Con lui se ne va un’altra maschera del cinema che abbiamo a cui il pubblico si era affezionato per quelle tante interpretazioni che molto spesso, nonostante la collaborazione con registi di culto – uno per tutti Sergio Leone che lo volle in C’era una volta in America – e affiancamenti a star di grido, ha spiccato il volo nel firmamento hollywoodiano volando quasi sempre a bassa quota.

Addio a Burt Young, indimenticabile Paulie di “Rocky”

E allora, nell’immaginario collettivo resterà per tutti Paulie Pennino, il macellaio ex pugile dilettante, cognato di Sylvester Stallone nei sei film della saga di Rocky. Un ruolo da non protagonista, che all’attore Burt Young – pseudonimo di Gerald “Jerry” Tommaso DeLouise, figlio di italo-americani – è valso una nomination all’Oscar e una notorietà andata ben oltre i confini del riconoscimento di titoli e blasone riconosciuto dei premi.

Un ruolo con cui l’attore sfiorò l’Oscar

Un duro nella vita reale che di solito interpretava i duri sullo schermo, Burt Young ha vestito i panni di un cliente corrotto dell’investigatore Jack Nicholson nel neo-noir del 1974 diretto da Roman Polański, Chinatown (1974). È stato il mafioso “Bed Bug” Eddie in Il papa di Greenwich Village (1984). E ha interpretato il protettore/chauffeur Lou di Rodney Dangerfield in A scuola con papà (1986). Non solo: come detto in apertura, Sergio Leone lo aveva scelto per il ruolo di Joe in quel capolavoro che è C’era una volta in America (1984).

Quella maschera da duro un po’ stropicciato…

Nato nel Queens, a New York, il 30 aprile 1940, mentre lavorava come pulitore di tappeti, venditore e installatore, Young iniziò a studiare all’Actors Studio con Lee Strasberg, che sarebbe stato il suo mentore. Il suo primo ingaggio come attore avvenne all’età di 28 anni in una commedia teatrale. Un marchio di fabbrica, quello della maschera da duro, che l’attore ha impresso ai suoi personaggi di celluloide sin dai suoi primi film, incentrati su storie che ruotavano intorno al crimine: La gang che non sapeva sparare (1971). Il mio uomo è una canaglia (1971) e Rubare alla mafia è un suicidio (1972). Titoli non baciati dal successo eclatante, ma che oggi rivelano il pregio di aver costruito, connotato dopo connotato, quell’immagine da duro che avrebbe vestito – calzata a pennello – la sua maschera d’attore.

Burt Young, una carriera sulle orme della sua vita

Fu in quel periodo che Young scelse come nome d’arte quello composto dal suo attore e cantante preferiti, Burt Lancaster e Neil Young. Due colossi dello spettacolo, a cui si è ispirato in una vita e una carriera ricchi di soddisfazione e successo, nonostante quell’aria burbera e quei personaggi aspri a cui ha dato vita sul set e che gli si sono appiccicati addosso come una seconda pelle, in un continuo rimando tra vita reale e finzione scenica. Come accaduto per la sua partecipazione alla saga di Rocky. Nei panni dell’arcigno Paulie Pennino, fratello maggiore della moglie del migliore amico di Rocky, Adrian (Talia Shire), Young è stato una colonna portante della saga di Stallone a partire dal film inaugurale del 1976.

Burt Young e il suo rapporto con Sylvester Stallone

Un personaggio indimenticabile, il suo, che dopo aver allenato il pugile in una cella frigorifera di un mattatoio di Philadelphia, dove l’italo-americano Pauline Pennino era impiegato, è stato un punto fermo di tutti i film della serie, fino a Rocky Balboa (2006). Young, infatti, è stato uno degli unici tre personaggi ad apparire in tutti i film di Rocky, insieme al protagonista Rocky Balboa e Tony Evers. Un impegno, su cui lui stesso in una delle tante interviste rilasciate sulla saga del pugile italo-americano – che l’Adnkronos oggi riporta e ricorda – ebbe a dire: «Quando Sly mi propose il ruolo di Paulie in Rocky, lessi la sceneggiatura e mi resi conto che quella era la prosa di strada più pulita che fosse mai stata scritta per il cinema. Stallone non è solo un maniaco del lavoro, è un genio che guarda sempre avanti tre anni. Ha un vero occhio per quello che sta succedendo nel mondo».

La box nella vita e sul set

Un mondo, quello della boxer in particolare, che Young conosceva bene del resto. Nella giovinezza dell’attore, infatti, c’è stato un passato di pugile. Young si mese nei guai al liceo e, con l’aiuto di suo padre, entrò nei Marines prima di compiere 16 anni, mentendo sulla sua età. Durante il servizio militare ha fatto tornei di boxe, vincendo 32 dei 34 incontri durante i suoi due anni di permanenza a Okinawa. Quando lasciò i Marines, si allenò con Cus D’Amato (in seguito allenatore di Mike Tyson) e ha raccontato di essere stato imbattuto in una manciata di incontri da professionista. Ha detto che il suo compenso più grande per un combattimento è stato di 400 dollari. (Più tardi “combatté” contro Muhammad Ali in un’esibizione di beneficenza, e sarebbero diventati amici. Poi, Young tornò alle sue radici pugilistiche in prima fila negli anni ’80 quando diresse il pugile David Sears. Pesi massimi leggeri, Sears combatté per il titolo, ma fu eliminato al terzo turno da Michael Spinks ad Atlantic City nel febbraio 1985.

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