Saluto Romano. Così Prodi riabilita il Duce: «Siamo democrazia o plutocrazia?»
È un peccato che sia passata più o meno inosservata l’intervista di Romano Prodi a La Stampa di qualche giorno fa. L’avessero letta tutti con la dovuto attenzione, non sarebbe loro sfuggito quell’accenno alla possibile involuzione delle attuali democrazie in «plutocrazie». Ohibò, avesse svolto analoga riflessione Giorgia Meloni o, peggio ancora, il ministro Francesco Lollobrigida sarebbe venuto giù il mondo. Lo stesso – c’è da giurarlo – se solo avessero citato o semplicemente evocato lo speculatore-filantropo George Soros.
Così Prodi in un’intervista a La Stampa
E sì, perché in quel caso giornalisti, opinionisti e avversari avrebbero fatto a gara nel caricare di ogni nefandezza il riferimento alle «plutocrazie», avendolo ben scandito il Duce in persona nella sua dichiarazione di guerra a «Gran Bretagna e Francia» dal balcone di Palazzo Venezia davanti alla folla osannante. Ricordate? «Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente che in ogni tempo hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano». Parole inequivocabili. Dalle quali è facile arguire che, proprio come Prodi, anche il capo del fascismo avesse in grande spregio l’esclusivissimo club delle plutocrazie.
Il “sangue contro l’oro”
La differenza è che il Puzzone non aveva atteso ottant’anni e passa prima di iscrivervi d’ufficio le «isterilite e volgenti al tramonto» democrazie. Ora, con la sua intervista, il Professore viene di fatto a dire che, in fondo, il suo corregionale aveva visto lungo, che la deriva è quella e che lo scontro del futuro rischia davvero di dipanarsi lungo la falsariga del «sangue contro l’oro» disperatamente tracciata dai fascisti nelle tragiche ore del loro «cupo tramonto». Buon per lui che nessuno l’abbia accusato di tanto. Ma è altrettanto vero che il sasso Prodi (come «l’intrepido Balilla») l’ha ormai lanciato e non si può più far finta di niente. Il dibattito è aperto. Anzi, per dirla con parole d’altri tempi, «è Mussolini che traccia il solco, ma è Prodi che lo difende».