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Pd, scatta l’«allarme-Schlein». E Bersani frigna: «Un pezzo di sistema la tratta da macchietta»

Politica - di Valerio Falerni - 28 Settembre 2023 - AGGIORNATO 29 Settembre 2023 alle 12:50

Nel Pd è scattato l’allarme-Schlein. E neanche tentano – i suoi dirigenti – di tenere silenziata la sirena. Anzi: prima la riunione organizzata da Dario Franceschini, il più lesto della nomenclatura a fare endorsement pro-Elly al tempo della sfida congressuale contro Bonaccini, con il dichiarato e gattopardesco obiettivo di sciogliere la sua Area-dem, cioè la corrente più ingombrante, il che è sintomatico di qualche imbarazzo, e ora Pierluigi Bersani che addirittura confida a Repubblica che ««c’è un pezzo di sistema che sta trattando Elly come una macchietta». Provate solo a immaginare quale putiferio avrebbero scatenato i sinistrati se un esponente del centrodestra avesse utilizzato analoga terminologia tardo-complottista. C’è chi può e chi non può, dice il saggio.

Così Bersani a Repubblica

E Bersani, evidentemente, può parlare di «pezzo di sistema» senza incorrere in anatemi. Ma è anche un lessico che tradisce un forte nervosismo circa lo stato di salute del “nuovo corso“. Che, alla luce delle preoccupazioni dei vecchi dinosauri, forse tanto nuovo non è. Ma a Bersani va bene così: «Se guardassero Schlein dal basso invece che dall’alto – dice – vedrebbero che le perplessità di una parte delle nostre generazioni sono la speranza di una parte delle nuove». Indubbiamente suggestivo. Restano però i problemi: la comunicazione che non funziona, il ritmo che manca, il campo largo che sembra un camposanto. Eppure è proprio lì che Bersani si va a infognare: «È urgente mostrare che è in cammino la costruzione del campo».

«Elly è una speranza per i giovani»

Il suo obiettivo sono i 5Stelle. Da sempre, nonostante il dileggio subito in diretta streaming da Grillo nel 2013, i. E nonostante Conte continui a smarcarsi. Ma lui è paziente: «Spero siano solo tatticismi. Pensare che sia il più divisivo a vincere la competizione significa star fuori come un balcone: da qui a sei mesi ci sarà un’onda che chiederà unità per l’alternativa». Sarà, ma fra otto si voterà con il sistema proporzionale: ciascun per sé. Segno che in Bersani il trasporto per il campo largo prevale su tutto, logica compresa. «Io – sostiene – sono convinto che fra Pd, 5Stelle e Avs una quadra si trova. Poi però occorre l’altro filone, quello liberal-democratico. In passato abbiamo avuto come alleati Maccanico, Dini, non certo suppellettili. Una minoranza, tuttavia preziosa».

L’ex-segretario insiste sul “campo largo”

E qui sovviene Calenda, che però fa il restio. «Non vuole – chiede Bersani –? Dovremo trovare qualche altra soluzione. Trovo alcune sue posizioni condivisibili e lo stimo anche, il problema è che sembra non voglia mai tenere i piedi alla sera dove li ha messi la mattina». Vero. In ogni caso, alla fine resta sempre il problema dei problemi: la leadership della coalizione. Da sempre i dem cercano il “papa straniero“, cioè il federatore alla Prodi. E lì sono rimasti, a dispetto del tempo. Ma perché no Bersani? «Io – si schermisce – non ho più l’età per tirare, ma ho ancora la forza per spingere». Un mito.

 

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