L’ultimo romanzo di Perez-Reverte, “Linea di fuoco”, scardina i pregiudizi sulla guerra civile spagnola
Uscito in lingua originale nel 2020 arriva finalmente in Italia il romanzo storico di Arturo Pérez-Reverte Linea di fuoco (Rizzoli). Un ritardo compensato dalla precedenza accordata alla pubblicazione de L’italiano, un successivo lavoro del grande scrittore spagnolo ispirato dalle gesta dei nostri sommozzatori durante la Seconda guerra mondiale.
Combinando magistralmente finzione e dati storici Linea di fuoco trasporta il lettore lungo il fiume Ebro dove fu combattuta l’ultima grande battaglia della Guerra civile spagnola (1936-39). Nel tentativo di invertire il corso del conflitto nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1938, l’esercito repubblicano attraversò il fiume, con 80mila uomini, prendendo di sorpresa i soldati franchisti.
Seguirono tre mesi di violenti combattimenti, affrontati con tenacia e valore da entrambi gli schieramenti. I nazionali difesero con estrema fermezza le loro posizioni, mentre i repubblicani attaccarono tenacemente a più riprese. Alla fine i repubblicani furono costretti a ritirarsi e a riattraversare il fiume. Sul campo rimasero 13.300 morti, più o meno in egual numero tra i due schieramenti, e un numero molto maggiore di feriti e mutilati.
Un ritratto equilibrato dei combattenti
Arturo Pérez-Reverte ci fa rivivere gli impeti e le paure, le speranze e le sofferenze degli uomini dei due schieramenti che si affrontano in attacchi e contrattacchi senza sosta, concentrando l’azione intorno al paese immaginario di Castellets del Segre e riducendo temporalmente la battaglia a dieci giorni.
Il romanzo, come in poche altre opere sulla Guerra civile spagnola, offre un ritratto equilibrato dei combattenti. Nei due schieramenti ci sono uomini coraggiosi e codardi, persone per bene e persone miserabili. Uomini di diversa ideologia, età, origine, coscienza e condizione intervengono in una guerra in cui alcuni non hanno nemmeno potuto scegliere da che parte stare, ma combattono comunque per ogni metro del territorio che hanno di fronte.
L’autore, che è stato a lungo corrispondente di guerra, riesce a mostrare l’uomo di fronte all’orrore della battaglia e a raccontare come può essere capace di dare il meglio di sé anche in condizioni estreme. In Linea di fuoco il lettore sentirà la sete, la paura, la disperazione, la fame, il dolore, ma anche il coraggio, la determinazione e la disponibilità al sacrificio dei combattenti di entrambi gli schieramenti.
Limpide figure di falangisti e requetés
L’assalto e la difesa di Castellets narrata nel libro costituisce un affresco di quanto avvenne in larga scala lungo il fiume Ebro. Nelle sue pagine ci sono anarchici, comunisti, brigate internazionali, giovani leve repubblicane, corrispondenti di guerra ma anche limpide figure di falangisti e requetés carlisti.
Linea di fuoco è un libro importante che conclude la riflessione dello scrittore sulla Guerra civile spagnola cominciata con i tre romanzi della saga di Falcò e il volume illustrato La guerra civil contada a los jóvens.
Il quadro della sanguinosa pagina della storia spagnola che emerge dai racconti di Arturo Pérez-Reverte è ben diverso dalla vulgata predominate in Italia che concentra tutto il male nello schieramento franchista e tutto il bene in quello repubblicano.
Una guerra civile è evidentemente la più brutta di tutte le guerre, in quanto mette uno contro l’altro vicini di casa, compaesani e talvolta perfino familiari. E quella del 1936-38, che non è la prima ad esplodere in terra iberica, non fa naturalmente eccezione. Il conflitto nacque, come gli altri del passato, come una lotta interna sulla quale si inserirono — con un ruolo relativamente marginale — delle potenze straniere. Italia e Germania dalla parte franchista e Russia Sovietica da quella repubblicana.
Le amnesie della cultura dominante
Il ruolo di Stalin nella Guerra di Spagna è il primo dei dati storici che vengono ignorati in Italia: ovvero le massicce forniture sovietiche di armi e di istruttori militari ai repubblicani, e soprattutto l’invio dei commissari politici e degli agenti della Ceka (l’antesignana del Kgb) con licenza di praticare in terra iberica i metodi repressivi adoperati in Russia.
Il secondo dato sul quale in Italia si sorvola è quello della violenza che fu propria di entrambi gli schieramenti. All’inizio della guerra tutte le tensioni accumulate nel paese esplosero con rappresaglie contro gli avversari politici. E furono molte le persone uccise o imprigionate. Dietro la copertura del motivo politico non mancarono, da entrambe le parti, anche ruberie, delazioni e vendette personali.
In Italia non si parla mai delle violenze e dei massacri commessi dai repubblicani nei territori sotto il loro controllo. Dell’uccisione di sacerdoti, falangisti, monarchici e persone sospettate di simpatizzare per gli insorti. Non si ricordano le chiese e i conventi bruciati e i seimila tra sacerdoti e religiosi assassinati.
Si parla delle violenze avvenute nella parte della Spagna liberata ma si dimentica di ricordare che nella Spagna repubblicana ci furono 50mila persone assassinate e migliaia di arresti e torture di persone ritenute ostili o note per le loro simpatie di destra, molte delle quali estranee alla sollevazione guidata da Francisco Franco.
Una buona parte finì nel famigerato campo di concentramento di Paracuellos del Jarama, nei pressi di Madrid. Qui, ad esempio, fu ucciso per le sue simpatie di destra l’autore teatrale Pedro Muñoz Seca, altrettanto noto nei paesi di lingua spagnola quanto il celebrato poeta Federico Garcia Lorca ucciso a Granada per le sue simpatie di sinistra.
Così come in precedenza la saga di Falcò, anche Linea di fuoco, oltre ad essere un romanzo bello e ottimamente scritto, è dunque un libro che risulta irritante per la cultura di sinistra ancora dominante sulla stampa mainstream.
Il risultato sono le scarse recensioni e le citazioni del libro che sembrano più che altro «atti dovuti» al prestigio dell’autore e all’importanza della casa editrice, più che al valore e al contenuto del testo.