Lega, domani è il compleanno di Bossi. E c’è chi spera in una “Pontida bis” anti-Salvini
Un compleanno in famiglia all’insegna degli affetti più cari e della nostalgia degli anni ruggenti, quando assieme a una cerchia di pochi amici fidati girava in lungo e in largo le valli padane seminando il verbo della secessione. Compirà 82 anni domani Umberto Bossi, varesotto di Cassano Magnago, icona dei lumbard, demiurgo della Lega dura e pura, ma anche leader capace di smarcarsi in tempo utile dai fumi tossici della secessione da «Roma padrona e ladrona» per inoltrarsi sul terreno meno suggestivo e ben più concreto del federalismo.
Bossi compie 82 anni
Un ventennio incontrastato di leadership, scandita da minacce truculente (i 300mila «bergamaschi armati»), improvvisi voltafaccia (il ribaltone del ’94), insulti sanguinolenti (a Berlusconi), seguiti da repentine riconciliazioni. Uno slalom infinito, sempre giiustificato con la necessità di contenere negli argini della protesta democratica il disagio del Nord. La base annuiva e tutto perdonava al suo Capo. Almeno fino a quando errori, incomprensioni e inchieste non lambirono Bossi stesso o la sua famiglia. E fu cambio della guardia, per giunta all’insegna della ramazza per spazzare via lo sporco accumulato nel Carroccio. Toccò a Roberto Maroni, protagonista dell’interregno prima dell’avvento di Matteo Salvini, brandirne (e non metaforicamente) una sul palco di Pontida. Sic transit…
Le incomprensioni con Salvini
Ma se il rapporto con Maroni fu agrodolce, con l’attuale Capitano Bossi fa più fatica a intendersi. E si capisce: Salvini è di un’altra generazione, tanto da aver tentato il grande salto nel Sud per soddisfare la propria legittima ansia di leadership sulla coalizione. Ma ora che il rinculo è in atto, Bossi e i suoi gliene fanno una colpa. E chissà che le candeline di domani non finiscano anche per riaccendere vecchi e mai sopiti contrasti tra la cerchia del Senatùr e i fedelissimi dell’attuale leader. Lo si è già visto ieri a Pontida, con veneti, lombardi e piemontesi a gridare «o autonomia o voto». Come a ricordare che ponte (sullo Stretto) o non ponte, il Nord viene sempre prima di tutto e che, in fondo, una Lega nazionale e alleata di Marine Le Pen è solo un Ogm. Ed è questa, se vogliamo, l’implicita rivincita del vecchio leone.