Il generale Butticé firma un libro da patriota italiano. Ma è molto diverso da quello di Vannacci…
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
In un tempo in cui sui giornali imperversa il libro di un generale della Folgore, Vannacci, che spiattella in pubblico vergandole come provenienti dall’ambiente militare, stereotipi e luoghi comuni degni di un altro secolo, esce un libro di un altro generale – “Io, l’Italia e l’Europa. Pensieri in libertà di un patriota italiano-europeo” (Colibrì, prefazione di Caterina Chinnici) ma già in congedo (quindi ormai libero da impegni e vincoli istituzionali) della Guardia di Finanza, Alessandro Butticé. Fu il primo militare italiano a essere distaccato presso le istituzioni europee, e porta quindi un punto di vista a metà tra quello del militare italiano e del funzionario europeo, seppur di altissimo rango. Butticé è stato portavoce dell’Olaf, Ufficio europeo per la lotta antifrode, e poi, con Antonio Tajani, all’epoca Vice Presidente della Commissione Europea titolare del portafoglio Industria e imprese, fu capo dell’Unità di comunicazione.
Il generale esordì come giornalista nel ’76, al Gazzettino. Entra poi, nel ’79, all’Accademia della Guardia di Finanza e comincia a collaborare con la rivista Il Finanziere, di cui è capo redattore tra il 1985 e il 1990. Nel ’90 viene distaccato a Bruxelles presso le istituzioni comunitarie. Poi fu portavoce e tra i padri fondatori dell’Olaf, che a quel tempo muoveva i suoi primi passi. I felpati corridoi europei sono assai diversi dai campi di addestramento della Folgore. Ed è così che i nostri due generali mostrano di avere penne assai diverse. Ma entriamo nel merito. Tanto pesante nell’uso delle parole l’uno, tanto delicato parrebbe quell’altro. Ma i reati e i costumi che denuncia Butticé nel suo libro sono più che reali.
Il libro di Butticé è un’antologia che raccoglie i suoi scritti degli ultimi anni, dopo avere lasciato il servizio attivo nella Guardia di Finanza, nel 2013 e, nel 2018, nella Commissione Europea, spesso indicatori del clima dell’elité Romana-Bruxellese. Butticé ha l’occhio attento del finanziere allenato, prima ancora di cercare e trovare le prove sente quasi l’odore di certi comportamenti malandrini. Comportamenti da cui purtroppo, a volte, e senza che l’autore faccia mai di tutta l’erba un fascio, non sono estranei né la guardia di finanza né i gli alti funzionari di Bruxelles, per quanto paradossale possa sembrare.
Nelle pagine del libro scopriamo che già nel 2020 denunciava pubblicamente le contraddizioni della gestione Adm (Agenzia Dogane e Monopoli) di Marcello Mennea, come quelle di Giovanni Kessler, condannato in primo grado per intercettazione illecita. Lo chiama uno e trino, l’autore, perché arrivò ad accumulare allo stesso tempo la qualifica di magistrato, funzionario della Commissione Europea e Direttore generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Il libro di Butticé non è certo un manuale per neofiti, ignari dei meccanismi di potere nazionale e comunitario, ma piuttosto una raccolta assai sfiziosa, per palati raffinati, che svela retroscena che pur accademici o esperti di quei corridoi non avrebbero immaginato.