Formigli provoca: perché Meloni non dice nulla sul libro di Vannacci? Ma il generale non piace a tutta la destra
L’esordio di Corrado Formigli con il suo Piazzapulita su la7 non ha deluso le aspettative dell’opposizione muscolare e rancorosa. Il conduttore non ha risparmiato strali e accuse alla premier che ancora rifiuta di farsi intervistare da lui. FdI partito familista e di famigli, questo il contenuto del primo servizio mandato in onda. Migranti che arrivano a frotte senza che si sia fatto il famigerato blocco navale e Lampedusa che scoppia (adesso? E negli anni passati?). Sul punto in ogni caso è stata fulminante la risposta di Francesco Borgonovo a Marianna Aprile durante il dibattito: “Ma qual è il vostro problema? Volevate l’accoglienza per tutti e si sta verificando il vostro desiderio, di che vi lagnate?”. E poi il generale Vannacci. Che Formigli ha definito il nuovo “maitre a penser” della destra.
Formigli vuole trasformare il generale nel nuovo “barone nero” (ricordate l’inchiesta sulla lobby nera su cui Piazzapulita si è dilungata per una decina di puntate e che poi è stata pure archiviata?). Un temibile figuro – secondo Formigli – che la destra avrebbe eletto a nuovo punto di riferimento. E da cosa lo desume il buon Formigli? Dal fatto che Giorgia Meloni sul libro del generale non ha detto una parola. “Non sappiamo cosa ne pensa…”, si è rammaricato il conduttore nel suo infervorato comizietto iniziale. Come se fosse necessario un commento della premier per un libro rispetto al quale già un membro del governo ha preso le distanze. Eh ma il solo Guido Crosetto non basta, ha buttato là Formigli. Ci vuole una condanna collettiva, in primis di Giorgia Meloni.
Dunque Meloni deve preoccuparsi di chiarire i dubbi di Formigli. Deve fare recensioni di libri che vendono molte copie. E ciò mentre Formigli e compagni si dilettano nel fare la caricatura di Vannacci e insieme con lui di tutta la destra. Senza distinzioni. Beh, il tentativo è destinato al fallimento. Perché ieri a Roma, in contemporanea con il debutto nella Capitale di Vannacci che presentava il suo libro per iniziativa di Nazione Futura, si è svolto anche un altro convegno.
Lo organizzava l’associazione Le dodici Querce, nata in memoria di Tony e Andrea Augello ed è stato voluto proprio allo scopo di ribadire che il libro del generale non rappresenta un manifesto ideologico per la destra anzi la riporta indietro negli anni offrendo agli avversari la possibilità di incasellare in cliché di comodo militanti ed elettori della destra politica. Il docente di comunicazione politica Luigi Di Gregorio ha spiegato perché il caso Vannacci ha sfondato: la scelta dei temi e delle parole nel libro è stata infatti volutamente divisiva, proprio per creare scandalo e le opposte curve. Una tattica che la buona politica deve rifiutare – hanno detto nei loro interventi Annalisa Terranova, Mauro Buongiorno e Francesca Notargiovanni – perché non ci si può limitare a lamentarsi dei fenomeni. I fenomeni vanno governati. Con le proposte e con i progetti non con i cahiers de doléance.