Cina, le autorità sbirciano in armadio, carcere e multe per chi mette cravatte e kimoni: feriscono la nazione

8 Set 2023 14:58 - di Lara Rastellino
Cina

Non c’è solo l’abaya che scuote la Francia e la popolazione studentesca d’origine islamica. Secondo quanto riporta l’Adnkronos in queste ore, infatti, in Cina è in azione un controverso progetto di legge che prevede multe e carcere per chi viola un determinato codice abbigliamento. Per chiarire: nel gigante asiatico sarà vietato «indossare abiti che feriscono lo spirito della nazione». Questo, almeno, l’obiettivo del provvedimento di legge al vaglio che prevede di multare, o addirittura mettere in carcere, chi viola un determinato protocollo legato al vestiario. Quale questo sia, nello specifico, non è ancora dato sapere. Ma il dibattito è acceso e c’è chi, sui social media, si chiede tra sgomento e confusione: «Indossare giacca e cravatta sarà possibile? Il marxismo è nato in Occidente. La sua presenza in Cina potrebbe anche essere considerata come un danno ai sentimenti nazionali»…

Cina, stretta di Pechino sul vestiario: verso lo stop agli «abiti che feriscono la nazione»

Intanto, mentre gli utenti s’interrogano online sull’ultimo giro di vite delle autorità che stavolta guardano dentro l’armadio dei cittadini. E mentre sui social cresce lo sgomento e si parla di norme assurde ed eccessive, la lunga mano della legge articola, dispone e prescrive per chi indossa o costringe altri a indossare abiti e simboli che «minano lo spirito o feriscono i sentimenti della nazione cinese», la detenzione fino a 15 giorni. E una multa fino a 5.000 yuan: pari a circa 680 dollari. Ma non è solo una questione di abito. Stesse punizioni potrebbero essere riservate a chi «insulta. Calunnia. O viola in altro modo nomi di eroi e martiri locali». Nonché per chi compie atti vandalici contro le loro statue commemorative.

Giacca e cravatta, kimoni e mimetiche a rischio. E online scoppia il delirio

Tutto molto dettagliato. Resta da capire però – e non è poco – tra codici d’abbigliamento e norme restrittive, come gli agenti di polizia valuteranno quando i «sentimenti» della nazione cinese vengono «feriti». In che modo? E perché? Interrogativi a tutt’oggi rimasti inevasi su cui, nelle scorse ore, ha commentato Zhao Hong, professore di diritto presso l’Università cinese di scienze politiche e diritto, che in un articolo citato dalla Bbc ha affermato che la mancanza di chiarezza potrebbe portare alla violazione dei diritti personali. «E se le forze dell’ordine, ad esempio un agente di polizia, avessero un’interpretazione personale del danno e avviassero un giudizio morale sugli altri che va oltre l’ambito della legge?», si è domandato l’accademico in un articolo pubblicato mercoledì.

Multe e carcere per chi viola un determinato codice abbigliamento: gli ultimi precedenti

Già, perché dei precedenti, in questo senso, già ci sono. E non risalgono a ieri. Solo lo scorso anno, per esempio, una donna vestita con un kimono è stata arrestata nella città di Suzhou, in Cina, e accusata di «provocare problemi» perché aveva indossato l’abito giapponese. Ma non è l’unico caso. A marzo la polizia ha arrestato una donna che indossava una riproduzione di un’uniforme militare giapponese. All’inizio di agosto, inoltre, alle persone che indossavano abiti con stampe arcobaleno è stato negato l’ingresso a un concerto del cantante taiwanese Chang Hui-mei a Pechino.

Cina, gli utenti sui social si chiedono: allora mangiare cibo giapponese significa mettere a repentaglio il suo spirito?

«Indossare un kimono significa ferire i sentimenti della nazione cinese, mangiare cibo giapponese significa mettere a repentaglio il suo spirito? Quando i sentimenti e lo spirito della nazione cinese collaudata dal tempo sono diventati così fragili?», si è chiesto un popolare commentatore online, che scrive sotto lo pseudonimo di Wang Wusi. Non solo: con la moda globalizzata che, di stagione in stagione, rilancia il melting pot in passarella, con abiti orientali che, tra kimoni e veli, rivisitati e corretti e tradizione e innovazione, ammiccano alla fusion tra culture, mode e tempi, come si metterà Pechino e la sua stretta sul vestiario?

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