Obesità, interventi banalizzati dalla tv: c’è pure chi ha chiesto di operarsi per la prova costume
Interventi che durano pochi minuti e poco spazio, nel racconto televisivo, ai percorsi post operatori spesso complessi. «La chirurgia dell’obesità raccontata in tv dai format americani è troppo spesso banalizzata. C’è una chiave di lettura superficiale. Come se trattare pazienti così complessi, che hanno normalmente più malattie croniche, si riducesse a ben poco. Non si tiene conto del fatto che l’obesità è una malattia. Questo, purtroppo, significa spesso far crescere richieste improprie per la chirurgia bariatrica da parte di chi non è ha bisogno. Magari per arrivare alla prova costume in forma…». Così all’Adnkronos Salute Mario Musella, docente di Chirurgia generale all’Università di Napoli “Federico II”.
Obesità, i messaggi sbagliati dell’informazione televisiva
Musella propone la sua riflessione sul ruolo della televisione nell’informazione rispetto alle cure per l’obesità, riferendosi in particolare alla fortunata docu-serie che da 10 anni racconta le “Vite a limite” 0dei gradi obesi. Un programma che «descrive però una realtà statunitense, diversa dalla nostra. Ciò che mi colpisce sempre è la “normalità” con cui si vedono entrare i pazienti in sala operatoria e uscirne come se nulla fosse, in pochi minuti, viste le necessità del racconto televisivo. In una giornata i pazienti si svegliano e già stanno bene. In realtà questi pazienti sono complessi. Banalizzare così il messaggio non è realistico», aggiunge Musella.
Il percorso contro l’obesità è faticoso
«Si tratta sicuramente di una chirurgia con un tasso di mortalità molto basso, che in Italia in particolare, ha standard altissimi. Ma non possiamo dimenticare che esistono le complicanze, che noi conosciamo e di cui discutiamo ai congressi. Ma in queste trasmissioni, molto seguite a quanto ne so, tutto questo non esiste» sullo schermo. Dal punto di vista culturale, aggiunge Musella, «è invece importante che si sottolinei, e questo spesso non accade, che l’obesità è una malattia, si tratta di persone malate. E per questo motivo vengono operate. Alla stregua di quello che si fa con altre patologie. Invece, anche a causa di queste trasmissioni, il messaggio che passa è: “sei grasso, sei colpevole. Quindi, se tutto va bene ti opero, ma tanto è una passeggiata. E così ti rimetti in sesto”. Non mi sembra corretto. Si tratta di un percorso, faticoso, prima e dopo».