Migranti, Sea Watch disobbedisce: entra a Lampedusa contro le indicazioni. Scatta l’ispezione

20 Ago 2023 16:26 - di Gabriele Alberti
Sea Watch

Ancora una volta una Ong ha ignorato le indicazioni delle autorità italiane, sbarcando in un porto diverso da quello assegnato. Si tratta del veliero Aurora, della Ong Sea Watch, che era stata assegnata al porto di Trapani. Ma poi è partita la sfida aperta alle norme italiane. L’imbarcazione, con a bordo 72 persone, invece di dirigersi verso la città siciliana, è entrata nel porto di Lampedusa – già al collasso in questi giorni- dopo autorizzazione delle autorità. Che hanno però poi portato a bordo la polizia.

Il veliero Aurora della Ong Sea Watch rifiuta il porto di Trapani

Militari della Guardia costiera di Lampedusa, assieme ai poliziotti della Squadra Mobile e della Digos della Questura di Agrigento, sono saliti a bordo della nave dove si sta svolgendo un’ispezione.  La capomissione Rebecca Berker si era giustificata asserendo che “arrivare a Trapani con 72 persone soccorse in un assetto con spazi limitati, senza benzina sufficiente né acqua potabile a disposizione semplicemente non è possibile”. Una spiegazione che rivela un’ammissione di colpevolezza, perché testimonia l’inadeguatezza delle navi Ong a compiere  le operazioni per le quali si mettono in mare.

L’quipaggio del veliero Aurora ammette la propria inadeguatezza

La vera “missione” della  nave Aurora e delle altre navi di ong è l’aperta sfida al governo Meloni e alla stretta voluta dal decreto Piantedosi. Da tempo le associazioni non governative utilizzano navi di piccole dimensioni: va da sé che, proprio per la esiguità del serbatoio, non possono essere mandate in porti lontani. Ma tutto questo è un progetto calcolato: già in partenza l’equipaggio ha contezza dei propri limiti di serbatoio e di altri elementi fondamentali come l’acqua. Dunque, delle due l’una: o hanno fatto calcoli sbagliati o è tutto calcolato per potere approdare dove vogliono le Ong già alla partenza. In barba alle leggi italiane.

Il porto sicuro non lo decidono le Ong ma il Viminale: la sentenza del Tar

Sbarcare nel porto sicuro più vicino non è un diritto come invece rilancia la capo-missione. Solo pochi mesi fa il Tar del Lazio con un sentenza storica bocciò il  ricorso di una Ong§: secondo il quale il Pos non deve necessariamente coincidere con il porto più vicino alla zona di soccorso. Solo il Viminale ha potere decisionale in merito. Ovviamente le  Ong dimenticano questa sentenza. Nel giugno scorso il Tar del Lazio rifiuta il ricorso della Geo Barents e  sancì un principio evidente, ma contestato da sempre dalla sinistra italiana: i porti di attracco vengono decisi dal Ministero degli Interni e non dalle Ong.

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