Mafia, 32 anni fa l’omicidio di Libero Grassi. Il suo coraggio diede forza alla Sicilia onesta
Sono passati 32 anni esatti da quando un sicario mafioso spezzò, in una Palermo ancora avvolta nella calura estiva, la vita dell’imprenditore Libero Grassi. Una storia, questa della vittima, che ancora mobilita e commuove l’Italia. E che era cominciata qualche mese prima, esattamente il 10 gennaio del 1991. Quel giorno, infatti, il Giornale di Sicilia aveva pubblicato la lettera con cui Grassi si ribellava, apertamente e pubblicamente, a Cosa Nostra. Firmandola, Grassi sottoscrisse la propria condanna a morte. «Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia», aveva scritto sovvertendo coraggiosamente il codice non scritto dell’obbedienza e della paura.
Libero Grassi osò ribellarsi al racket
Un atto rivoluzionario che Grassi pagherà sette mesi e mezzo dopo mentre a piedi si recava al lavoro. Quattro colpi gli scaricò il killer. Una punizione esemplare, di cui era chiaro il messaggio: questa è la fine che attende chi oserà ribellarsi al “pizzo” Nato a Catania nel 1924, a 8 anni si trasferisce a Palermo. Da qui a Roma, dove termina gli studi con il sogno della carriera diplomatica, per poi cedere al volere del padre che vedeva in quel figlio la continuità del proprio commercio. Si forma a Gallarate, nel profondo nord industriale; formazione che gli permetterà di tornare in Sicilia e aprire uno stabilimento tessile. Ma Libero Grassi è stato un attivista civile, impegnato in politica con i Radicali.
La lettera al Giornale di Sicilia
Ma il suo fronte più incandescente è quello della lotta alla mafia, celata sotto le telefonate minacciose del fantomatico “geometra Anzalone“. «Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al “geometra Anzalone” e diremo no a tutti quelli come lui», si legge ancora nella sua lettera al Giornale di Sicilia.
Fece anche individuare i suoi estorsori
Preziosa la sua collaborazione anche per individuare i fratelli Avitabile, temibili estorsori per conto dei Madonia di Resuttana. Fu proprio uno dei rampolli del boss di quella cosca, Salvino, a premere il grilletto. Ma il via libera al suo omicidio fu deliberato dall’intera Cupola. Il sacrificio di Libero Grassi, tuttavia, non è stato vano, ma contribuì al varo della legge anti-racket, con l’istituzione di un fondo di solidarietà per le vittime di estorsione. Uno strumento che ancora oggi ricorda a chi denuncia il pizzo che lo Stato c’è.