L’autogol di Biden: Trump si consegna al Fulton County Jail, arrestato, schedato e poi rilasciato

25 Ago 2023 9:08 - di Paolo Lami

Lo sguardo torvo di chi sa di aver subito un torto e vuole denunciarlo in maniera plateale, la testa protesa verso la macchina fotografica con aria di sfida, le labbra serrate come la mascella, sagomata sopra la cravatta e una camicia immacolata: è l’immagine, iconica, del detenuto numero P01135809 nella foto segnaletica che i secondìni del Fulton County Jail, il supercarcere della Contea di Fulton, ad Atlanta, in Georgia noto per le sue violenze estreme, hanno scattato a Donald Trump dopo che si è consegnato, come aveva ampiamente annunciato sul suo Social, Truth.

Trump sa bene che quella foto, frontale, che sta bucando gli schermi di milioni di americani e non solo mentre lui spiccia le ultime formalità prima di uscire dal carcere, vale più di mille comizi nella sanguinosa corsa alla campagna elettorale del 2024 per la Casa Bianca.

Il regalo che hanno fatto i democratici a Trump, l’assist di marketing politico servito da Biden al suo rivale è impagabile. Ed è senza precedenti nella storia degli Stati Uniti.

E’ la quarta volta, quest’anno, che Trump si trova ad affrontare accuse penali. È il disperato tentativo dei dem di impedire che Trump si candidi per la corsa elettorale del 2024, un appuntamento che per il suo rivale, Biden, è una specie di condanna a morte annunciata.

L’arresto di Trump stavolta lo ha preteso il procuratore distrettuale della contea di Fulton, Fani Willis – una cinquantaduenne afro dichiaratamente democratica e il cui padre era membro delle Black Panthers – che indaga sul presunto tentativo di Trump di ribaltare il voto in Georgia nel 2020 insieme ad altri 18 alleati, anch’essi arrestati e fotografati come fossero delinquenti comuni. Qualcuno di loro ride, persino, mentre i secondini lo fotografano.

“Devo prepararmi per andare ad Atlanta, in Georgia, dove gli omicidi e altri crimini violenti hanno raggiunto livelli mai visti finora, per essere arrestato – scrive a caratteri cubitali Trump sul suo Social Truth – da un procuratore distrettuale della sinistra radicale e malvivente, Fani Willis, per una telefonata perfetta e per aver avuto l’audacia di sfidare un’elezione truccata e bloccata”.

È il tramonto quando Donald Trump scende dalla scaletta del suo aereo personale con tanto di nome scatolare a campeggiare lungo la livrea rossoblu.

Neanche il miglior sceneggiatore di Hollywood l’avrebbe potuta costruire così bene la scena. Accompagnato da un gigantesco corteo di auto che taglia la città mentre il sole cala, Trump sfila lungo le strade di Atlanta per arrivare al carcere dove gli vengono letti i 13 capi di imputazione, fra cui cospirazione e violazione della legge anti racket.

Venti minuti dopo Trump è già fuori dal Fulton County Jail dopo essere stato rilasciato su cauzione di 200mila dollari e il divieto di usare i social media.

“Quello che è successo qui è una parodia della giustizia. Non abbiamo fatto nulla di sbagliato. Non ho fatto nulla di male e lo sanno tutti – dice Trump ai giornalisti prima di salire sul suo aereo privato per tornare al suo golf club di Bedminster, nel New Jersey. – Quello che stanno facendo è un’interferenza elettorale”.

“Maschio bianco, alto 1,92 cm per 97 chili, capelli biondi o fragola, occhi blu”, recita la schedatura che Fani Willis gli ha fatto fare.  Un’altra valanga di voti in arrivo e per i quali Trump potrà ringraziare Biden e i suoi complici.

Le serigrafie sono già freneticamente al lavoro per stampare milioni di t-shirt con quell’immagine iconica, la faccia di sfida di Trump. Poi toccherà alle mug, le tazze cilindriche colme di caffé bollente che gli americani si portano appresso come coperte di Linus. Chissà quando Biden e soci realizzeranno di aver fatto un clamoroso, impagabile, autogol?

 

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