Gabon, il capo della guardia repubblicana Nguema nominato presidente di transizione
Al grido di “presidente, presidente” è stato portato in trionfo nelle scorse ore da un gruppo di soldati: Brice Clotaire Oligui Nguema, già capo della guardia repubblicana del Gabon, è stato nominato “presidente della transizione” dai golpisti che hanno rovesciato il potere, nel Paese africano, di Ali Bongo, il presidente uscito vincitore alle scorse elezioni.
Brice Clotaire Oligui Nguema emerge, quindi. Ha assicurato che l’ex-presidente Ali Bongo “verrà pensionato” e avrà “tutti i suoi diritti”, è “un gabonese normale, come tutti”.
Il generale ha ormai la guida del “Comitato per la transizione e la restaurazione delle istituzioni” dopo che, da capo della guardia repubblicana, era incaricato di proteggere Ali Bongo. Una circostanza molto simile a quanto accaduto recentemente in Niger.
Militare, con una formazione in Marocco e originario di Haut-Ogooué, è stato per dieci anni – secondo La Nouvelle Tribune – addetto militare all’ambasciata del Gabon nel regno e in Senegal.
Nel 2019, stando a Jeune Afrique, è di nuovo in Gabon e assume la guida della Direzione generale dei servizi speciali, per poi essere promosso, un anno dopo, a capo della guardia repubblicana.
Secondo l’Organized Crime and Corruption Reporting Project, evidenzia Bfmtv in un suo ritratto del generale, Brice Oligui Nguema ha acquistato – per oltre un milione di dollari e in contanti – tre proprietà nei pressi di Washington nel 2015 e nel 2018.
Nelle scorse ore a Le Monde, alla domanda se il colpo di mano fosse stato preparato o fosse frutto dell’esito delle elezioni presidenziali, che hanno confermato Ali Bongo al potere, il generale ha risposto parlando di “malcontento” nel Paese, ricordando la “malattia del capo dello stato”, un evento cerebrovascolare dell’ottobre 2018.
A nulla è valso l’appello video di ieri pomeriggio agli ”amici del Gabon in tutto il mondo” affinché facciano ”sentire la loro voce” lanciato dal presidente deposto che ha chiesto sostegno internazionale contro il golpe militare.
Seduto su una sedia in una stanza con una libreria dietro di lui, Bongo ha affermato che si trovava nella sua residenza e che sua moglie e suo figlio erano in posti diversi.
I golpisti hanno instaurato il coprifuoco in Gabon estendendolo poi ulteriormente mentre hanno ripristinato la diffusione dei media francofoni internazionali France 24, RFI e TV5 Monde sospesi sabato sera perché accusati di “mancanza di obiettività e equilibrio”.
Da più parti è arrivata la preoccupata reazione al golpe che mette fuori gioco la Francia in Gabon, un Paese ricco ma povero: ricco di petrolio, ma flagellato dalla povertà e sfruttato orribilmente dalla Francia.
Con i suoi circa 200mila barili al giorno, il Gabon è uno dei più piccoli produttori dell’Opec.
Marine Le Pen ha sollecitato il ministro degli Esteri, Catherine Colonna chiedendo chiarimenti sulla “dottrina della Francia nelle relazioni con il Gabon” e sulla “coerenza della vostra politica africana” dopo i “fatti gravi post-elettorali che si registrano in Gabon nella più totale confusione”.
“Di fronte all’incompetenza che caratterizza la vostra politica africana, può precisare qual è la dottrina della Francia sulle relazioni con questo Paese storicamente amico?”, chiede, su X, la presidente di Rassemblement National all’Assemblée National rivolgendosi direttamente “a Mme le Ministre Colonna”.
“Quali misure concrete e urgenti state adottando per la protezione dei nostri connazionali@? – incalza – La Francia riconosce la validità di queste elezioni? Può dire che non esiste alcun accordo che impegna il nostro Paese a intervenire a sostegno del governo del Gabon?”. Secondo Le Pen, “è un imperativo riorientare la politica africana della Francia verso una cooperazione rispettosa dei popoli e delle sovranità nell’interesse dei nostri continenti”.
Ex-colonia francese – con uno dei Pil pro capite più alti tra i Paesi africani (poco meno di 14mila dollari secondo stime del 2021) ma con più di un terzo della popolazione (circa 2,3 milioni di persone) che vive al di sotto della soglia di povertà senza accesso ai servizi di base – il Gabon continuava ad avere stretti rapporti economici e diplomatici con Parigi.
A questo punto è l’ennesimo Paese in Africa occidentale e centrale dal 2020, dopo Mali, Burkina Faso, Guinea, Ciad, Sudan e Niger – appena un mese fa – ad essere stato ribaltato da un golpe.
Ma rispetto a Niger, Mali e Burkina Faso, dove i golpe sono stati alimentati dai timori di una spirale di violenza legata all’estremismo islamico, il Gabon – evidenzia il Washington Post – è un Paese pacifico, considerato relativamente stabile, almeno fino a ieri.
Mali, Burkina Faso, Guinea, Niger e Sudan sono stati tutti sospesi dall’Unione Africana. I fatti odierni in Gabon, da 56 anni sotto la ‘dinastia’ dei Bongo accusata di abusare della sua posizione per accumulare ricchezze, rappresentano il secondo tentativo di golpe al potere di Bongo dopo quello fallito del 2019.