Clemente Mimun: “In Rai prepotenze e nepotismi, mi sentivo il ‘panda’ del centrodestra”
Clemente Mimun ha ammesso di non avere “ricordi memorabili dei vertici aziendali che si sono avvicendati” in Rai nel corso dei vent’anni in cui lui ci ha lavorato, dirigendo tre testate. Ha dichiarato, poi, che per la sua vicinanza al centrodestra, nell’azienda si sentiva “un panda”, raccontando anche diversi episodi illuminanti. Lo ha fatto in un’intervista a tutto tondo rilasciata al Corriere della Sera in occasione di un anniversario “tondo”: il suo settantesimo compleanno. 29 anni di direzioni tra Tg1, Tg2, Testata Servizi Parlamentari Rai e dal 2007 al timone del Tg5. Un curriculum di prestigio. Il passato nel servizio pubblico è stato naturalmente un punto saliente di questo colloquio tra Mimun e Paolo Conti.
Clemente Mimun compie 70 anni e si racconta: “In Rai mi sentivo un Panda”
Non ha mai nascosto di essere vicino al centrodestra. «Alla Rai sono stato a lungo il panda non di centrosinistra, una specie di foglia di fico nelle nomine. Ho visto cose, come diceva il protagonista di “Blade Runner”, che voi umani non potete nemmeno immaginare. Prepotenze e nepotismi. Una legge non scritta della Rai prevede che qualsiasi cosa faccia il centrosinistra è giusta. Ma se a spostare una fioriera è il centrodestra, allora è una barbarie. Francamente stucchevole». Per cui quando sente parlare di Rai “melonizzata” gli viene da ridere. Gli ricordano l’uscita di Fabio Fazio, Bianca Berlinguer, Lucia Annunziata. Ma Mimun mette le cose nella giusta carreggiata: «Più che Rai melonizzata a me sembra che i vertici cerchino di trovare la difficile quadra del riequilibrio. Si è gridato allo scandalo per chi ha preso altre strade, senza neppure aspettare la scelta dei palinsesti. Alcuni hanno scelto l’avventura, i nuovi stimoli professionali, o quei soldi che la Rai non può dare”. Poi la “stoccata”:
“Aspettavano che me ne andassi per parlare liberamente…”
“Comunque, visto che si parla molto di Rai melonizzata, avrei molte storie da raccontare. Proprio dalla mia condizione di “panda” del centrodestra”. Un episodio che la dice lunga sul clima di una Rai che da sempre a sinistra considerano cosa loro. «Ricordo una riunione con i vertici assolutamente assurda a viale Mazzini- rammenta- . Finì, me ne andai per tornare a Saxa Rubra. Mi accorsi di aver lasciato gli occhiali. Tornai indietro e trovai i vertici Rai e gli altri direttori dell’area giusta ancora riuniti. Ma senza il “panda” di centrodestra. Finalmente parlavano liberamente…. E un programma di Michele Santoro su Rai2, in tempo di campagna elettorale, che non venne ricondotto sotto la responsabilità del direttore del Tg della rete, cioè il mio». Chiaro no? Nella lunga intervista traspare poi la passine per il giornalismo (“è il lavoro che volevo fare”). E non ha intenzine di mollare: “Chiuderò bottega quando mi si chiuderanno gli occhi. Non concepisco l’idea dei giardinetti. E nemmeno quella di pontificare nei salotti chic o in quelli televisivi”.