Usa, spunta una seconda “talpa” contro Biden jr: «Pressioni politiche sull’indagine del fisco»
Spunta una seconda talpa ad adombrare interferenze politiche nella gestione delle indagini dell’erario su Hunter Biden (nella foto con il padre Joe). Si tratta di Joseph Ziegler, un agente speciale dell’Irs (il fisco Usa), che ha testimoniato davanti alla commissione di sorveglianza della Camera, controllata dai repubblicani. Il whistleblower (tutelato dalla legge che protegge chi denuncia presunti reati) ha sostenuto che Hunter e le sue società finanziarie hanno rastrellato oltre 17 milioni di dollari all’estero in diversi anni, a partire da quando Joe Biden era il vice di Barack Obama. Somme provenienti da Cina, Romania e Ucraina, nazione – quest’ultima – da dove sarebbero arrivati 7,3 milioni di dollari dalla compagnia energetica Burisma.
Biden Jr. accusato di aver rastrellato soldi all’estero
È la stessa, per intenderci, nel cui consiglio di amministrazione sedeva Hunter a 50 mila dollari al mese pur senza avere alcuna competenza nel settore. Ziegler, presentatosi come un gay con simpatie dem, ha rivelato l’esistenza di schemi di pagamento poco chiari. La commissione ha sentito la testimonianza anche della prima talpa, Gary Shapley, supervisore di Ziegler. Entrambi hanno denunciato interferenze nelle indagini da parte del Dipartimento di giustizia, dell’Fbi e dell’Irs, sostenendo che molte decisioni sul caso siano state influenzate dalla politica. E che gli investigatori del fisco avevano raccomandato di incriminare Hunter con accuse più gravi di quelle per le quali ha raggiunto un accordo con il pubblico ministero.
Guai anche per Trump
La portavoce della Casa Bianca ha ribadito che il presidente Biden crede nell’indipendenza della giustizia e ha ricordato che il magistrato preposto all’inchiesta era stato nominato da Donald Trump. Un clamoroso cortocircuito logico. E sì, perché ha davvero poco senso dichiarare fiducia nell’imparzialità della magistratura se poi si ricorda, per minarla, la fonte politica di nomina del giudice. Ma i guai riguardano anche Trump. L’ex presidente si è visto rigettare la richiesta di trasferire dal tribunale statale di New York alla Corte federale il suo caso relativo al pagamento di denaro non dichiarato alla pornostar Stormy Daniels. La decisione del giudice federale Alvin Hellerstein apre la strada al processo fissato per il 25 marzo 2024 presso la Corte Suprema di Manhattan.